Ucraina-Russia: tutti dicono stop
L’aggiornamento relativo alla terza settimana del conflitto scatenato dall’invasione russa in terra ucraina registra fasi alternate di raid devastanti sulle città principali, ormai fatiscenti, a momenti di tregua per consentire attraverso i corridoi umanitari la messa in salvo di civili, donne e bambini in particolare.
La sensazione che ci sia una fase di stanca, con la Russia che non può permettersi di fermare i bombardamenti, registrando però solo il logoramento delle condizioni della popolazione ucraina e non un reale avanzamento dell’azione di conquista.
D’altro canto, Zelensky prosegue nel suo atteggiamento di sfida e negli appelli di aiuto alla Nato.
Si affacciano i primi timidi tentativi di alzare il livello dei negoziati per arrivare ad una loro reale efficacia: Putin ha ipotizzato, infatti, la possibilità di un incontro a breve con il leader ucraino, gli unici due protagonisti in grado di dire basta a questa assurda guerra.
Dal canto suo la Nato ha esplicitamente negato la benché minima possibilità di un intervento diretto in guerra contro la Russia, al contrario chiede che cessino le ostilità e si avvii una fase negoziale.
Dal canto suo l’Europa ritiene essenziale tenere sotto scacco Putin con le sanzioni e i blocchi finanziari, azione che pare funzionare per limitare la Russia nelle rappresaglie armate, ma sta cominciando a fare i conti con i danni che inevitabilmente ricadranno sui paesi del vecchio continente. Danni economici che rallenteranno la ripresa nel medio periodo e danni contingenti legati alla crisi energetica che ha ormai fatto lievitare i prezzi di qualsiasi prodotto e reso difficile l’attività produttiva dipendente dall’approvvigionamento di materie prime i cui costi spesso costringono alla rinuncia di ulteriore produzione.
In queste ore anche il presidente Draghi ha esposto il suo punto di vista nel quale definisce molto positiva la ritrovata compattezza dell’UE, cosa che fa ben sperare per il futuro, ma ha necessariamente richiamato agli scenari economici attuali, rispetto ai quali, a guerra finita, si dovranno porre rimedi molto impegnativi per ridare ossigeno a famiglie e imprese. Se è vero che le misure contro Putin sono l’unica arma per limitarne la capacità bellica, gli effetti di ritorno delle sanzioni stanno pesantemente penalizzando gli stati europei sul costo della vita e sulla capacità produttiva, costringendo i governi a rivedere le politiche economiche avviate per la ripresa post-pandemica.
Si può già confermare che la crescita dell’Eurozona avverrà molto più lentamente rispetto al previsto.
L’altro fattore dirompente, prima sul piano umanitario e in second’ordine su quello economico, è rappresentato dalla marea di profughi ucraini che ha già superato il milione di persone, ma che è destinato a moltiplicarsi almeno per 5 o per 6. L’Europa, e non solo, agirà per la prima volta come un solo soggetto, distribuendo i rifugiati secondo disponibilità, ma le dimensioni dell’esodo e la necessità di garantire oltre l’emergenza una ricostruzione futura dell’ucraina, sempre più vicina ad integrarsi con l’UE, rappresentano una necessità cui nessuno può sottrarsi, con gli inevitabili sforzi economici che si renderanno necessari. Ma quando arriveremo a quella fase vorrà dire che le armi avranno definitivamente cessato di risuonare.
Pietro Broccanello