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    Ucraina: Cremlino gela le speranze di pace. Continuano i bombardamenti

    Ucraina: Cremlino gela le speranze di pace. Continuano i bombardamenti
    Nonostante gli esiti apparentemente positivi dei colloqui a Istanbul, il messaggio del Cremlino e di Putin è che non sia giunto “niente di promettente” dai negoziati con l’Ucraina. Intanto nonostante l’impegno di Mosca a fermare gli attacchi, già ieri sono ripresi i bombardamenti su Kiev e Chernihiv. I russi mantengono anche forte la stretta nel Donbass, suo obiettivo primario, e la situazione rimane critica anche a Kharkiv e Mykolaiv. Alcune truppe russe sono però state costrette ad arretrare e ritirarsi in Russia e Bielorussia. La Germania teme il blocco del gas e attiva lo stato di preallarme.
    Stando a quanto accaduto nella giornata di ieri, la prospettiva di una cessazione del conflitto tra Russia e Ucraina nel brevissimo termine rimane alquanto improbabile. Nonostante l’impegno di Mosca a fermare i bombardamenti, infatti, già nella giornata di ieri diversi e pesanti attacchi sono ripresi sulle principali città coinvolte nel conflitto.
    La zona dove l’offensiva e la presenza russa rimangono più massicce è sempre il Donbass, dove le forze russe continuano a bombardare quasi tutte le città lungo la linea del fronte che separa le aree presidiate dai separatisti russofili dai territori controllate dal governo ucraino. L’obiettivo primario e dichiarato dal Cremlino è quello di uscire da questo conflitto con – almeno – la sua presenza fortemente consolidata in questa regione, dove ucraini e separatisti combattono fin dal 2014.
    Va però sottolineato un aspetto probabilmente sottovalutato dai russi e da Putin all’inizio del conflitto, e che è invece risultato sempre più evidente facendo fallire l’iniziale prospettiva di una guerra lampo di breve durata. Ovvero il fatto che, se Putin si aspettava che la gran parte della popolazione di questi territori di confine fosse esplicitamente russofila – oltre che russofona – e avrebbe pertanto accolto con favore o quantomeno con docilità l’avanzata delle truppe russe, questa convinzione si è rivelata in buona parte errata, almeno considerando la forte resistenza degli ucraini fino ad ora.
    Un altro dettaglio importante è che la “denazificazione” dell’ucraina, grido di battaglia di Putin per far scoppiare il conflitto, è ora diventata la “liberazione” del Donbass, almeno nella terminologia utilizzata dal Cremlino e dal ministro della Difesa russo Shoigu. Un dettaglio terminologico che accentua però i sospetti che già dopo i colloqui di Istanbul erano sorti tra gli ucraini e gli Stati Uniti, e in generale tra i Paesi occidentali.
    Vale a dire che la promessa dei russi di ritirare le proprie truppe dall’Ucraina avrebbe l’aria di un bluff, ma di un bluff a metà: da un lato infatti i bombardamenti su certe città e in certe regioni sono ripresi immediatamente dopo la presunta dimostrazione di costruttività russa al tavolo delle trattative, segno che la reale intenzione di Mosca non sarebbe quella di liberare completamente, e in breve tempo, l’Ucraina. Dall’altro invece la ritirata di alcune truppe russe da Kiev, per fare ritorno in Russia o in Bielorussia, è stata effettiva, segno dell’effettivo recupero di terreno da parte dei soldati ucraini. Da questo punto di vista la Russia starebbe quindi ritirandosi facendo finta di vincere per mascherare le reali defezioni della sua manovra militare, facendo vedere che non solo sta vincendo, ma sta anche dimostrando “generosità”.
    Speculazioni a parte, i bombardamenti di Mosca ieri ci sono stati, e sono stati anche pesanti. A Mariupol le bombe russe hanno colpito un edificio della Croce Rossa, dove non è ancora stato possibile stimare il numero degli eventuali feriti o delle vittime. Sempre a Mariupol, come riferito dall’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera Josep Borrell, sono stati colpiti anche i locali della sede della missione dell’Ue in Ucraina, subendo gravi danni. Si tratta di nuovi crimini di guerra che si sommano a quelli già verificatisi nelle scorse settimane.
    Anche in altre città come Mykolaiv la situazione continua a rimanere estremamente precaria, con un numero sempre maggiore di vittime o di civili che cercano di fuggire ai bombardamenti – quelli che ci riescono, dato che com’è noto in diversi centri le truppe russe non consentono ai civili di evacuare.
    Inoltre ieri lo Stato Maggiore delle forze armate ucraine ha riferito che la Russia sta continuando a inviare truppe nell’area della centrale nucleare di Chernobyl, mentre altre attività di addestramento operativo e di combattimento sono in corso tra le forze armate bielorusse.
    Infine, sul versante economico, la Germania e l’Austria si dimostrano i primi Paesi realmente preoccupati per il cambio di regime annunciato da Putin sull’importazione del gas, che potrà essere acquistato solo in rubli (anche se lo stesso Putin ha precisato che tale cambiamento avverrà progressivamente), e si sono già mosse per attivare lo stato di preallarme per razionare i flussi.
    Si attendono nuovi aggiornamenti, soprattutto dopo quanto emerso dai negoziati dell’altro ieri, ma la situazione non sembra per ora andare verso un radicale miglioramento.
    Pietro Broccanello

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