La guerra in Ucraina potrebbe durare fino a fine anno, e Mosca può ancora vincere
Secondo quanto detto da alcuni funzionari occidentali di intelligence al Times, la guerra potrebbe durare fino alla fine dell’anno. Quella che doveva essere una guerra “lampo”, o che nell’ultimo periodo sembrava destinata a concludersi in breve tempo, si sta rivelando sempre di più una guerra dai contorni e dalle tempistiche indefiniti. Fuori da Mariupol sono state rinvenute fosse comuni con migliaia di corpi, e i bombardamenti continuano senza tregua nel Donbass. La Russia ha rifiutato la proposta di tregua per questo fine settimana, durante la Pasqua ortodossa, e il Papa ha sospeso l’incontro con il patriarca Kirill.
Se pensavamo che le notizie peggiori fossero ormai passate e che il conflitto in Ucraina potesse, faticosamente e in qualche modo, trovare una via d’uscita nel breve termine, ci sbagliavamo di grosso. Le notizie dell’altro ieri rispetto a un cessate il fuoco di Mosca sulla città di Mariupol – ormai dichiarata in mano ai russi – avevano forse fatto pensare che, visti i parziali “successi” di Putin e l’avvicinamento ai suoi obiettivi principali, perlomeno a quelli “minimi”, la tensione fosse in procinto di allentarsi.
Ma le notizia che giungono nella giornata di ieri non fanno affatto ben sperare, tutt’altro. Alcuni funzionari delle intelligence occidentali, che continuano a considerare l’invasione russa dell’Ucraina come un “errore strategico”, hanno riportato al Times che la guerra attualmente in corso potrebbe (anzi dovrebbe) durare fino alla fine dell’anno.
Lungi dall’essere la guerra “lampo” che era stata preannunciata inizialmente, e lungi dal riguardare soltanto pochi, mirati obiettivi, questa guerra ha già dimostrato di coinvolgere forze e questioni molto più ampie e di andare, probabilmente, ben oltre l’invasione stessa.
Lo scenario che si è venuto a creare negli ultimi tempi, infatti, presenta elementi difficilmente immaginabili settimane o mesi fa.
Innanzitutto non va sottovalutato il rapporto tra le forze che, nonostante le numerose defezioni tra le fila russe (di cui s’è ampiamente parlato), rimane di tre a uno in favore dell’esercito russo. Ciò potrebbe portare le armate di Mosca a circondare e distruggere una parte significativa delle truppe ucraine nella zona ad est del Paese, per poi eventualmente lanciare addirittura un nuovo assalto contro Kiev o privare la capitale ucraina dell’accesso al Mar Nero, lo scenario che è considerato tra tutti in assoluto il peggiore.
Come si era ipotizzato qualche tempo fa, infatti, il ritiro delle truppe russe dalle zone limitrofe a Kiev e dal nord del Paese assume sempre più i tratti di una ritirata provvisoria, in vista di una migliore riorganizzazione strategica.
Ciò non toglie che nei primi due mesi di guerra le forze di Mosca abbiano effettivamente subìto gravi perdite e, di fatto, una umiliazione rispetto alle originarie aspettative di una vittoria rapida e indolore.
Ma a quanto pare ora i russi si stanno riorganizzando, sfruttando sia le proprie forze che i vantaggi concessi dal territorio.
Seocndo quanto riportato dalle intelligence occidentali infatti Mosca starebbe apportando delle sostanziali modifiche tattiche. Inoltre va considerato che il Donbass, in assoluto il principale teatro del conflitto, è un terreno pianeggiante che, dopo le piogge primaverili, potrebbe offrire non pochi vantaggi ai carri armati e all’artiglieria guidati da Putin, a differenza delle foreste a nord di Kiev.
Oltre a questo, Putin ha nominato il generale Alexander Dvornikov, un comandante di esperienza, a supervisione delle operazioni militari “speciali”. Si tratta dello stesso comandante che ha condotto l’intervento militare in Siria, e che ha raso al suolo Aleppo. La tattica di Dvornikov sarebbe quella di orchestrare un movimento a tenaglia, con le truppe russe che spingono a nord sa Luganks e sud da Kharkiv, per ingabbiare la difesa ucraina.
La furia russa non sembra perciò affatto intenzionata a dare tregua all’esercito e alla popolazione ucraina ridotti allo stremo, e – a questo punto – indirettamente al mondo intero, che continua a condannare fermamente le azioni di Putin.
Lo dimostrano anche il fatto che il leader russo ha affermato di essere disposto a concedere una tregua umanitaria a Mariupol soltanto a condizione che i soldati barricati nella centrale di Azovstal dichiarino la resa, e, in maniera significativamente ancora più grave, il rifiuto della Russia rispetto alla proposta di sospendere il conflitto questo fine settimana, in occasione della Pasqua cristiana ortodossa.
Anche per questa ragione, Papa Francesco ha annullato l’incontro previsto per metà giugno a Gerusalemme con il patriarca Kirill, considerandolo un possibile motivo di “confusione”.
Se anche le vie diplomatiche e religiose sembrano in qualche modo portate a fare un “passo indietro” rispetto alla possibilità di un dialogo, risulta sempre più difficile ipotizzare a chi o a che cosa ci si possa appigliare per sperare in una possibile risoluzione di questo conflitto.
Pietro Broccanello