Ucraina: quanto è lontana l’ipotesi di un cessate il fuoco?
La guerra in Ucraina continua con un ritmo inesorabile ed è giunta al 78esimo giorno dall’inizio dell’invasione. Mentre proseguono pesantemente i bombardamenti in molte zone dell’Ucraina, soprattuttto nel Lugansk e a Mariupol, s’intensificano anche i tentativi diplomatici dei leader occidentali per dare una svolta alla situazione ormai da tempo in stallo, provando ad ipotizzare possibili prospettive di cessate il fuoco. E mentre la Finlandia dichiara esplicitamente la sua volontà di entrare nella Nato, la Russia minaccia nuovamente una guerra nucleare, mentre Zelensky ribadisce che la guerra finirà solo quando l’Ucraina avrà recuperato la propria integrità territoriale.
Sul fronte bellico la giornata di ieri ha visto nuovamente potenti esplosioni e bombardamenti in diverse città ucraine, a cominciare da Mykolaiv, nella regione di Kharkiv. Proprio in questa regione tuttavia Kiev ha rivendicato di aver recuperato il controllo di circa 1200 chilometri di frontiera, di cui due terzi al confine con la Russia.
La situazione strategico-militare è però alquanto complessa, con un’offensiva che ormai da tempo non si limita affatto al solo fronte ad est ma comprende 4 diverse linee di attacco. Naturalmente la regione dove lo sforzo bellico dei russi è maggiore rimane sempre il Donbass, strategicamente decisiva e molto importante per diverse ragioni agli occhi di Putin (risorse, “riunificazione” degli abitanti russofoni, ecc).
Ma, come detto, l’impiego di forze da parte di Mosca si distende anche su altri fronti e lascia intendere una strategia evidentemente più ampia. Un’altra zona estremamente importante, ad esempio, e che i russi stanno cercando in tutti i modi di riconquistare è quella ad ovest, dove Mosca sta cercando di rafforzare il presidio dell’Isola dei Serpenti, per farne una base da cui riconquistare il controllo sulla parte ovest del Mar Nero.
Le analisi strategiche potrebbero andare avanti a lungo, quel che è certo nel complesso è che gli ucraini negli ultimi tempi hanno riconquistato alcune aree e ottenuto alcuni importanti successi (ad esempio l’affondamento della fregata russa al largo dell’Isola dei Serpenti). Il che non significa affatto che i russi stiano attaccando con meno veemenza, anche se le defezioni tra le loro truppe in questa guerra non sono un mistero.
Sempre ieri le truppe di Kiev sono riuscite a far saltare due ponti nel Lugansk e hanno denunciato nuovamente l’utilizzo di bombe al fosforo e bombe a grappolo, vietate dagli accordi internazionali, nel distretto di Dnipropetrovsk. Riemerge perciò la minaccia di una guerra con impiego di armi chimiche se non addirittura nucleari, come continua a minacciare il Cremlino, non si sa mai bene se più come deterrente o come intenzione reale.
Rimane invece sempre estremamente complessa la situazione a Mariupol e in particolare nell’acciaieria di Azovstal, dove centinaia di civili e altrettanti soldati ucraini sono barricati e si stanno difendendo ormai da settimane. La buona notizia è che nel corso della giornata di ieri si sono svolte a Kiev le trattative per evacuare gli operatori sanitari e i feriti ancora bloccati nell’acciaieria e, stando alle parole del vice comandante del reggimento Azov, quasi tutti i civili presenti dovrebbero essere stati evacuati con successo. Tuttavia è molto difficile fare una stima della situazione ed essere sicuri di questi dati, vista la conformazione labirintica del luogo e i molteplici cunicoli dove altre persone potrebbero ancora trovarsi.
Tuttavia le notizie più eclatanti di ieri derivano soprattutto dal fronte diplomatico. A cominciare dall’annuncio da parte dei leader (premier e capo di Stato) finlandesi di voler entrare a far parte della Nato “senza indugi”. Helsinki rompe la storica neutralità e, stando alla situazione attuale, l’ingresso nella Nato potrebbe essere imminente. Notizia che ha suscitato reazioni importanti e, per forza di cose, contrastanti tra i leader dei Paesi confinanti e non solo.
La Svezia ha recepito l’annuncio come un segnale estremamente importante di cui “terrà conto” e si è dichiarata impegnata a sua volta nell’ipotesi di valutare una decisione analoga. Dall’altra parte, chiaramente, la Russia ha ribadito ancora una volta la “grande minaccia” che la Nato comporta, soprattutto nel caso in cui entrassero a farne parte anche la Finlandia e altri Paesi adiacenti ai confini russi. È questo un altro elemento, secondo il Cremlino, che inficia sulle possibilità di raggiungere un accordo tra le parti.
Dal canto suo il presidente Zelensky, in un messaggio e ospite a Porta a Porta, ha ribadito che l’Ucraina non smetterà di combattere finché non sarà recuperata la propria integrità territoriale rispetto alle zone conquistate o occupate dai russi dall’inizio dell’invasione, e allo stesso modo non sembra disposto a trattare per la cessione della Crimea. Il presidente ucraino ha anche detto che, comunque vada a finire, Putin “non salverà la faccia” e la Russia dovrà subire un trattamento adeguato alle azioni commesse.
Anche il premier italiano Mario Draghi, in conclusione della sua missione a Washington, ha esortato i leader occidentali a dare una svolta alla situazione di stallo che si è creata, cercando di ipotizzare possibili vie per raggiungere la pace. Secondo Draghi inoltre la Russia ha dimostrato di non essere più la potenza invincibile che sembrava all’inizio, e dunque la pace non dev’essere imposta ma raggiunta diplomaticamente. Il leader italiano ha anche intimato al suo collega americano Biden di riprendere i colloqui con il Cremlino, ritenendo fondamentale la presenza di un dialogo tra Stati Uniti e Mosca.
Pietro Broccanello