L’Italia che non ama l’impresa: Massimiliano Salini rimosso dal coordinamento FI Lombardia
Riporta Adnkronos: “Il caso Salini scuote Forza Italia. La ‘rimozione’ del coordinatore regionale in Lombardia del partito Massimiliano Salini, che ieri è stato sostituito da Licia Ronzulli, fedelissima di Arcore, ha colto di sorpresa e amareggiato il diretto interessato e non sarebbe andata affatto giù a Maria Stella Gelmini, molto vicina all’eurodeputato. Con una nota diffusa stamattina alla stampa Salini mette nero su bianco tutta la sua disapprovazione per la mancanza di motivazioni. Da qui la scelta di rinunciare alla nomina di responsabile per i rapporti con le associazioni imprenditoriali proposta da Silvio Berlusconi. ‘
‘La decisione della mia rimozione da commissario regionale di Fi -rivela Salini- mi è stata resa nota nella giornata di sabato senza che tale comunicazione fosse accompagnata da alcuna motivazione plausibile. E’ doveroso, da parte mia, comunicare che, sorpreso e amareggiato da tale decisione, ho esplicitamente declinato da subito la nomina a responsabile Fi per i rapporti con le associazioni imprenditoriali”.
Raramente scriviamo, su queste pagine virtuali, di politica di partito. Sappiamo bene che chi produce solitamente guarda con distacco, talvolta con fastidio, al Palazzo e alle sue lotte. Questa volta, speriamo, ci perdonerete un’eccezione. Eccezione che non si basa, solo, sui rapporti di amicizia del Circolo delle Imprese con l’Onorevole Salini. Ma che ha radici ideali al contempo alte e profonde.
Nella centenaria storia della nostra nazione pochi politici hanno davvero avuto a cuore l’impresa. Qualcuno ha difeso il mercato, qualcun altro gli imprenditori, moltissimi hanno parlato di lavoro e lavoratori (spesso senza avere diretta esperienza né dell’uno né dell’altro). Ma pochi, pochissimi, hanno visto nell’impresa il motore che tiene in marcia questo piccolo, strano, mondo che chiamiamo società civile. Massimiliano Salini è sicuramente tra questi. Relatore del dossier Aerospazio, si è occupato anche di armonizzazione dei sistemi autostradali europei, ha difeso la neutralità tecnologica in tema di automobili. Garantendo che il settore automotive Bresciano non chiudesse i battenti per fare spazio ai cinesi. Ha difeso l’acciaio europeo dal dumping asiatico.
Ha incontrato centinaia di imprese, organizzando anche momenti di confronto con il resto della politica, per esempio a Castione della Presolana e a Erba. E sabato sera è stato, con molta cortesia, accompagnato alla porta. Non entreremo, qui, nelle complesse vicende del partito di Forza Italia. Ma, date le sue origini come partito azienda, possiamo certamente porci delle domande. Chi licenzia un dirigente che ha fatto tanto per i clienti storici? Apprezzato da tutti, addirittura pronto a spendere di tasca propria per dare una sede all’azienda. Un tempo Silvio Berlusconi, prima che politico, era un imprenditore che molti di noi vedevano, giustamente, come un grande esempio. Stavolta, con questa decisione, ci lascia più che altro stupiti.
E un po’ amareggiati. Siamo abituati a non essere amati dalla politica. Ma scoprire che nemmeno gli imprenditori di successo amano le imprese italiane lascia sempre l’amaro in bocca. Anche se, ovviamente, il suo lavoro politico non si fermerà, ma anzi è più che probabile che raddoppi gli sforzi.
In bocca al lupo a Massimiliano Salini, dunque, che di fronte ad una decisione dura ha avuto il coraggio di rinunciare alla buona uscita. Ricordandoci che, dopotutto, l’unica uscita buona è quella che si fa a testa alta.
Luca Rampazzo