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    Ucraina, riprendono i negoziati

    Ucraina, riprendono i negoziati
    Come un cielo d’aprile, le notizie in aggiornamento volgono ora al bello, ora alla tempesta; in queste ore si registra un tentativo di disgelo tra i vecchi nemici storici USA e Russia.
    Il generale russo Gerasimov e il suo omologo americano Milley hanno tenuto una conversazione telefonica avente ad oggetto il possibile disgelo tra i belligeranti e l’avvio di negoziati tra Mosca e Kiev con la supervisione internazionale.
    Mosca si dice pronta a ricominciare a trattare, ma attende che anche l’Ucraina sia disponibile a sedersi al tavolo. Va da sé che parlare di negoziati significa, da entrambe le parti, accettare di perdere qualcosa a fronte della parola fine alle azioni devastanti di bombe e missili. Prima finisce questa guerra e prima si potrà avviare una lunga e dissanguante fase di ricostruzione, di ripresa economica, di equilibri politici da rinsaldare. Solo così potrà riaprirsi un’ipoteca sul futuro di generazioni sconvolte dalla furia militare.
    I problemi sono aumentati, ora che la guerra ha coinvolto gli interessi globali; la Turchia, ad esempio, per voce del suo leader Erdogan ha fatto sapere di essere contraria all’ingresso di Finlandia e Svezia alla Nato, in quanto gli eredi ottomani vogliono mantenere buone relazioni sia con Mosca sia con Kiev. Una sorta di neutralità bipartisan che in realtà frena le ambizioni Usa-Nato di schiacciare per sempre la minaccia e la potenza della Russia.
    Per contro, Biden insiste sulla necessità dell’ammissione delle due nazioni, scelta strategica obbligata per presidiare da vicino possibili minacce russe in futuro.
    Proseguono ancora i bombardamenti in diverse città della regione del Donetsk che hanno mietuto altre vittime civili.
    L’Italia avrebbe predisposto un piano per la pace in quattro punti, ma per ora non sono noti i dettagli, tantomeno la possibilità di riuscita. Ma è già un passo avanti. Lo stallo militare potrebbe effettivamente costituire occasione finalmente favorevole per il cessate il fuoco.
    Che la guerra stia sfiancando un po’ tutti è un dato, reso ancor più evidente dalle sempre più insistenti voci di boicottaggio “tecnico” dell’aviazione russa che si rifiuta di combattere, ovvero disattendendo nei fatti gli ordini impartiti.
    Anche la Santa Sede rivendica con forza i propri sforzi per riaprire un dialogo con Mosca e per proporsi come mediatrice di pace, purché cessi il prima possibile lo strazio delle morti innocenti e della devastazione. Per questo il ministro degli esteri vaticano, monsignor Paul Richard Gallagher, è in questi giorni in missione in Ucraina per conto di Papa Francesco. Dopo la prima tappa a Leopoli, oggi è a Kiev e domani incontrerà nella capitale il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. “La Santa Sede e lo stesso Santo Padre sono disposti a fare tutto quello che è possibile, la Santa Sede continua la sua attività diplomatica con contatti con le autorità ucraine e anche tramite l’ambasciata della Russia presso la Santa Sede abbiamo qualche contatto con Mosca”, dice Gallagher ai media vaticani. “Quello che noi cerchiamo di fare, quello che il Papa ha fatto è avviare tanti interventi, diversi momenti di preghiera e tanti appelli per la fine della guerra in Ucraina, continueremo in questa direzione”, sottolinea il capo della diplomazia.
    A smorzare facili entusiasmi, però, è intervenuto il capo della Nato, Stoltenberg, che prefigura un conflitto dai tempi ancora lunghi, dicendosi scettico sulla volontà russa di fermarsi prima di aver conseguito i risultati posti come obiettivi all’inizio dell’invasione. Speriamo si sbagli.
    La lettura delle sue affermazioni potrebbe sottendere alla necessità di mantenere alto il livello di sostegno economico e militare all’Ucraina, di fatto proseguendo sulla strategia della tensione e dell’isolamento di Putin.
    Come eco alle parole di Stoltenberg arrivano le parole del ministro delle finanze tedesco, Christian Linder, che annuncia ulteriori aiuti tedeschi all’Ucraina per un valore di oltre 1 miliardo di euro, che ad aggiungersi agli altri 7,5 miliardi Usa destinati a rimpinguare le casse dell’amministrazione di Kiev.
    Secondo il numero uno della Nato, lo stallo attuale e la ritirata da Kharkiv da parte russa non sono elementi sufficienti a generare un ripensamento di Putin rispetto agli obiettivi che vuole perseguire a tutti i costi.
    Ma in realtà Mosca cerca di sbloccare la situazione e uscire dal vicolo cieco senza perdere del tutto la propria dignità; lo fa annunciando la volontà di riaprire i porti dove giacciono bloccati i container di prodotti alimentari destinati a mezzo mondo, Africa in primis, a condizione che vengano progressivamente ritirate le sanzioni occidentali a proprio danno. Come a dire: proviamo a venirci incontro.
    Anche la Cina si muove a tutela dei propri interessi e della necessità di non lasciare la Russia completamente isolata. Il governo di Xi Jinping si è detto disponibile a trattare l’acquisto di petrolio russo a condizioni scontate così da ricostituire le proprie riserve e mantenere un legame con Mosca in ottica futura.
    Forse qualcosa si muove, ma ogni giorno che passa è tempo prezioso sprecato.
    Pietro Broccanello

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