Ucraina, diplomazia russa si dissocia da Putin
Sulla stampa, all’inizio del quarto mese di guerra, oltre alla cronaca del conflitto che non diminuisce di intensità nelle zone ancora sotto assedio russo, tengono banco le prime, evidenti, crepe nel sistema di potere russo.
Mentre a Kiev veniva condannato all’ergastolo per crimini di guerra il sergente russo Vadim Shishimarin, reo di aver ucciso un uomo di 62 anni, civile e disarmato, il consigliere presso la missione russa alle Nazioni Unite a Ginevra, Boris Bondarev, ha lasciato il suo incarico e la diplomazia, criticando le azioni di Mosca in Ucraina. “Non mi sono mai vergognato così tanto del mio Paese come il 24 febbraio scorso”, ha spiegato Bondarev. Il consigliere d’ambasciata ha definito le azioni del Cremlino “un crimine contro il popolo ucraino e forse il più grave mai commesso verso quello russo”. Ha poi definito il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, “un eccellente esempio del degrado del sistema” e ha invitato altri diplomatici russi alle Nazioni Unite e in tutto il mondo a dimettersi.
Dopo i militari che rifiutano di eseguire gli ordini, ora anche la classe dirigente comincia a disertare, segno che la vergogna per l’opzione di Putin di invadere l’Ucraina sta montando e la coscienza del popolo russo comincia a comprendere il vero obiettivo dell’azione militare.
Nel frattempo, altri marchi famosi, come Starbucks, lasciano la Russia; il colosso americano chiude oltre 150 punti vendita e segue le orme di Mc Donald’s che ha voluto così manifestare platealmente la propria protesta contro l’azione illegittima di Mosca.
Zelensky chiede che vengano liberati corridoi per far partire le navi container ferme ormai da settimane nei porti ucraini, col rischio che i prodotti deperiscano e si generi una carestia globale, soprattutto in Africa e altre zone del terzo mondo.
L’UE è ancora alle prese con le perplessità di alcuni Paesi circa l’efficacia di ulteriori pacchetti di sanzioni contro la Russia, visto che anche Putin si è reso esplicitamente conto che gli effetti più negativi delle sanzioni stanno avendo negative ripercussioni innanzitutto sui Paesi europei, mentre – sempre a detta di Putin – la Russia starebbe resistendo discretamente all’embargo internazionale.
Per la prima volta prende forma ufficiale la notizia di qualche giorno fa, secondo la quale il governo russo starebbe analizzando una proposta formulata dall’Italia contenente un’ipotesi di soluzione diplomatica per giungere rapidamente al cessate il fuoco.
Il Cremlino, infatti, ha fatto sapere che ha preso in considerazione la proposta e la sta studiando; solo dopo una attenta lettura i vertici di Mosca diranno quanto sia percorribile il piano Italia per la pace. Chiaramente il piano dovrà essere accolto anche da Zelensky, ma probabilmente solo in un secondo momento.
Sullo sfondo del conflitto che anche in queste ore sta registrando bombardamenti nelle zone del Donbass, il rischio di una escalation arriva da oltreoceano, con Biden che sta ipotizzando di inviare militari a difesa della propria ambasciata a Kiev; una simile mossa sancirebbe di fatto l’entrata in guerra dell’Occidente contro la Russia, smentendo le parole stesse di Biden secondo cuinessun uomo americano sarebbe mai sbarcato sulle zone di guerra. Contestualmente, un’uscita forse non felicissima di Biden sul rischio che la Cina possa invadere Taiwan per ragioni “simili” a quelle russe, ha suscitato l’immediata dura reazione di Pechino che ha consigliato agli Usa, senza troppi giri di parole, di pensare ai fatti propri.
Inevitabilmente, il protrarsi della guerra in Ucraina per così tanto tempo mette a rischio gli equilibri e i rapporti di forza tra le diverse potenze del pianeta, sapendo tutti che finito il conflitto in corso, “nulla sarà più come prima”. Anche per questo, per evitare ulteriori escalation, è fondamentale che la guerra finisca il prima possibile. Speriamo nel “miracolo italiano”.
Pietro Broccanello