Ucraina: separatisti russi avanzano nel Donbass
Il quarto mese dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina prosegue senza elementi di novità rilevanti, ma si arricchisce ogni giorno di dettagli, dichiarazioni contrastanti, scenari più o meno probabili; il tutto senza un minimo di prospettive concrete che possano far sorgere un barlume di speranza verso un sospirato lieto fine. L’auspicio è soprattutto quello di giungere alla fine della strage priva di senso di civili e della distruzione delle città.
Proseguono nelle zone orientali dell’Ucraina, quelle rivolte verso il mare e racchiuse nella regione del Donbass, le iniziative militari dell’esercito russo che, stando a fonti di Kiev sarebbe vicino ad esaurire le scorte di missili e munizioni pesanti. Si stima che il quantitativo di arsenale rimasto agli uomini di Putin sia inferiore al 40% di quelle sin qui utilizzate. Questa notizia non lascia però molto spazio a facili entusiasmi, soprattutto perché da una semplice operazione aritmetica di potrebbe dedurre che si prospetterebbero almeno altri tre mesi di guerra, un’eternità.
I separatisti filorussi del Lugansk hanno annunciato di aver completato l’accerchiamento di Severodonetsk, l’ultima roccaforte ucraina nella regione.
Il presidente Zelensky ha rinnovato l’appello alle nazioni “alleate” affinché vengano inviate ulteriori armi pesanti per fronteggiare e respingere gli attacchi russi recuperare il terreno perduto, ma nonostante le rassicurazioni di parte americana, qualche crepa tra gli alleati comincia ad aprirsi. L’ex segretario di stato americano Henry Kissinger, in dissenso con la politica oltranzista di Biden, ritiene un errore continuare a rifornire l’Ucraina di approvvigionamenti militari, poiché di fatto in questo modo si allontana sempre di più ogni spiraglio di negoziato tra i contendenti. Al contrario, sarebbe necessario che anche Zelensky accettasse qualche ridimensionamento dei confini ucraini in cambio dell’avvio di un processo di pace. Immediata la replica della Casa Bianca che ritiene necessaria l’umiliazione della Russia e la fine del potere di Putin.
Anche le iniziative di Macron, l’unico interlocutore che riesce a parlare con Putin, sembrano non godere più del consenso unanime degli alleati e della stessa Ucraina che per bocca del Ministro degli esteri Kuleba avanza esplicite perplessità sulla bontà dell’iniziativa francese.
Grande preoccupazione continua a destare il blocco delle navi ferme ad Odessa cariche di cereali destinati a mezzo mondo; la pressione su Mosca per ottenere il via libera per far salpare i bastimenti ha finora ottenuto pochissimi risultati, nonostante l’operazione di sminamento delle acque ucraine sia stato completato. La strategia del Cremlino si rende conto di avere in mano una potente arma di ricatto con la quale si contrappone alle misure sanzionatorie europee il cui effetto stenta a dare i frutti sperati, vista la tenuta del rublo sui mercati internazionali e la politica monetaria russa di aver convertito tutte le obbligazioni finanziarie nella valuta di casa anziché in dollari.
Lo stallo è determinato anche dalla posizione oltranzista dell’Ucraina che, forte dell’appoggio degli Usa, insiste nel chiedere il mantenimento e possibilmente il rafforzamento delle sanzioni internazionali contro Mosca e non intende fare alcuna concessione per avviare veri negoziati di pace.
La schizofrenia mediatica russa si concentra in questi giorni sulla proposta italiana di giungere al cessate il fuoco in quattro mosse. Dopo alcune dichiarazioni circa la debolezza del piano italiano comunicata da alcuni esponenti del governo di Mosca, successivamente modificate con dichiarazioni più possibiliste, dalle colonne dell’agenzia russa Tass viene lanciata la notizia che nessun piano italiano è stato formalmente presentato al Cremlino, ma solo presunte proposte a mezzo stampa. Che sia strategia della confusione o divergenze interne all’apparato di Putin è impossibile saperlo. Non aiuta a dipanare il mistero anche il silenzio del nostro ministero degli esteri nel merito di quanto effettivamente sia stato condotto dalla diplomazia italiana.
Il protrarsi della guerra ancora per diverso tempo è purtroppo l’ipotesi attualmente più probabile, visto anche il recente decreto firmato da Putin con il quale si elimina il limite dei 40 anni per l’arruolamento nell’esercito russo.
Ancora non si vedono segnali concreti di allentamento delle posizioni, segno che dovremo prepararci ad altri mesi di cronache di guerra, in attesa che l’imponderabile ci riservi qualche evento ad oggi difficile da prevedere.
Pietro Broccanello