Stefano Belotti, dal Quartetto di Brescia all’Orchestra Filarmonica Italiana
Oggi abbiamo incontrato Stefano Belotti, il musicista bresciano classe 1985, fondatore del quartetto di tromboni Quartetto di Brescia e membro dell’Orchestra Filarmonica Italiana.
Stefano, raccontaci di te. Com’è nata la tua passione per la musica?
Mi chiamo Stefano Belotti, ho 37 anni, ed ho iniziato a suonare nella banda del mio paese come tutti i ragazzini che si approcciano ad uno strumento a fiato. Mi sono appassionato sempre di più ed ho deciso di iscrivermi al Conservatorio Luca Marenzio di Brescia, dove mi sono diplomato nel 2009 in soli 5 anni con il voto di 10 e lode. Proprio negli anni del Conservatorio è nato il Mascoulisse Quartet – attualmente Quartetto di Brescia. Io e gli altri ragazzi avevamo un obbligo, l’esame di musica da camera per strumenti a fiato. Eravamo tutti amici con la stessa mentalità relativa alla qualità, alla voglia di fare, all’energia e alla passione. Ci siamo uniti per sostenere l’esame ed è nata la nostra storia. Una storia fatta di piccoli passi a partire dal 2006. Il primo concerto ufficiale è stato l’anno successivo, nel 2007, e da lì abbiamo continuato a crescere, anche grazie ad alcune associazioni bresciane che ci hanno dato fiducia. Non sempre si ha fiducia delle istituzioni, ma la fiducia dobbiamo guadagnarcela. Ci hanno dato la possibilità di fare questi esperimenti, anche sbagliando, perché sbagliare è fondamentale se si vuol crescere. Non possiamo pretendere che ci diano tutto se non siamo noi i primi a dare.
Da lì in poi solo una parabola in ascesa. Fin dove siete arrivati?
Abbiamo fatto di tutto e di più. Oggi contiamo oltre 600 concerti nella nostra carriera in tutto il mondo, dall’Europa, agli Stati Uniti, alla Cina. Abbiamo anche avuto la possibilità di suonare all’inaugurazione del ROHMA una grande sala da concerti voluta dal sultano Qaboos dell’Oman nel 2018. Proprio al termine di questa intervista partiremo per la Spagna per un Festival di musica sacra a Lugo, sul cammino di Santiago de Compostela dove suoneremo con delle riproduzioni di antichi strumenti del XVII secolo, realizzate da un artigiano valdostano.
A cosa spieghi questo successo?
Ci siamo inventati qualcosa di nuovo, un ensemble: il quartetto d’archi è musica da camera, noi siamo nati come quartetto di tromboni. È sonorità nuova che prima non c’era. Ed il bello che si tratta di una formazione nata dal Conservatorio.
Sei anche impegnato nell’Orchestra Filarmonica Italiana, giusto?
Sì, attualmente sono membro del cda dell’OFI, con la quale ho potuto girare il mondo suonando in grandi concerti di Opera, Sinfonica, pop. Ci sono davvero tante eccellenze assolute nel panorama musicale del nostro Paese, ne dobbiamo andare fieri.
Pensi che la musica sia valorizzata al punto giusto in Italia?
Penso che in Italia ci siano esperienze di assoluta eccellenza. Siamo i padri fondatori della musica. Ma detto questo, penso anche che si potrebbe fare molto di più, in primis partendo da una corretta educazione musicale nelle scuole. La musica è una cosa astratta, non tangibile, che ognuno di noi percepisce in maniera diversa. Pensiamo ad esempio alle discussioni che nascono dopo i concerti: c’è chi apprezza più dei passaggi e chi ne apprezza degli altri. Incentivare una cultura musicale significa creare nella popolazione una consapevolezza più profonda della musica, che gioverebbe indipendentemente dalla professione che poi il singolo individuo andrà a fare nella vita. Se si è capisce la musica si percepisce qualcosa in più, qualcosa che va oltre la mera base fisica e pratica.
Quale sarebbe il tuo approccio?
Faccio un esempio. Qualche annetto fa ho insegnatomusica alle scuole elementari di Bagnolo Mella (fra un concerto e l’altro), con un metodo tutto mio. Nei primi mesi ci concentravamo su un percorso di avvicinamento alla musica, poi, quando i ragazzi avevano acquisito le nozioni base li avvicinavo alle opere, dalla Turandot, alla Traviata, al Rigoletto. Ed il 90% dei miei ragazzi si sono iscritti alle medie musicali. Questo perché li ho avvicinati con entusiasmo. Certo, l’entusiasmo è il punto di partenza, e con quello è stato possibile raggiungere l’obiettivo. l’Italia è la patria dell’opera e l’opera fa parte della nostra cultura, ma nonostante questo nessun ragazzo ha mai sentito un’opera dal vivo e la maggior parte ha spesso un pregiudizio nei confronti della musica classica. Con il giusto approccio tutta questa catena di falsi miti sul fatto che l’opera sia noiosa viene smontata. E questo l’ho potuto toccare con mano anche grazie alla collaborazione con i vari teatri con cui collaboro: ogni volta che portiamo dei ragazzi ad assistere ad uno spettacolo ne escono estasiati, perché hanno scoperto qualcosa di nuovo e di diverso rispetto a ciò che pensavano.
Quali sono i progetti per il futuro?
Stiamo registrando un disco con il famoso YouTuber trombettista Andrea Giuffredi docente della Scuola Civica di Milano e con il percussionista Biagio Zoli. Qualcosa di inedito, di più leggero, meno classico, ma che porterà ad un risultato che credo sarà davvero unico nel suo genere, ed i brani che suoneremo saranno un omaggio a Nino Rota ed Ennio Morricone, due artisti che hanno fatto la storia della musica e del cinema, con pezzi di musica pop fantastici. Poi abbiamo concerti e tournée in giro per l’Europa, con un’importante attenzione anche al nostro territorio: vogliamo far conoscere la cultura della bella musica dal vivo anche a chi magari non ha la possibilità di andare nei teatri, e per questo stiamo organizzando una serie di serate nei comuni della provincia di Brescia. Sarà una stagione di grandi eventi.
Grazie.
Andrea Valsecchi