lunedì, Novembre 25, 2024
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    Caro energia: negozi a rischio chiusura

    Caro energia: negozi a rischio chiusura
    Così chiudiamo tutti.” E’ il grido di allarme che con forza viene lanciato dal mondo della grande distribuzione e dai negozi di vicinato. L’aumento del costo dell’energia ormai è diventato il fattore determinante per la sopravvivenza di migliaia di negozi in tutta Italia.
    Dal mese di luglio le bollette di energia elettrica sono triplicate e il costo della sola materia prima è cresciuta di cento volte rispetto ai valori di tre anni fa.
    Una scure minacciosa si sta per abbattere sul nostro sistema distributivo al dettaglio che si ritrova per la prima volta compatto a lanciare con forza richieste di interventi urgenti.
    Grande distribuzione e negozi al dettaglio non sono mai stati amici, ma la situazione attuale ha spinto affinché questi due mondi si mettano a combattere dalla stessa parte.
    In particolare, l’aumento del costo energetico impatta sulla catena del freddo e del fresco per gli alimenti che non possono deteriorarsi, ma vanno preservati grazie all’uso di ambienti idonei, per i quali il costo impazzito delle bollette sta facendo saltare i conti.
    Il fabbisogno di energia, infatti, non è comprimibile – affermano i rappresentanti della GDO – al punto che per mantenere lo stesso volume di affari il margine operativo si sta completamente erodendo a causa del costo dell’energia. Paradossalmente converrebbe ad alcuni ridurre drasticamente i prodotti conservati per la vendita per ridurre i costi energetici, ma questo sarebbe inevitabilmente il primo passo verso la chiusura.
    Gli altri pesanti effetti derivanti da questo stato di cose sono l’aumento del prezzo di vendita e il rischio di licenziamenti per frenare le perdite di esercizio.
    Nella grande distribuzione in particolare, i margini sono già notoriamente molto risicati, stimati intorno a 1-1,5% e non consentono grandi operazioni, se non appunto il rincaro dei prezzi e la riduzione del costo del lavoro.
    L’inflazione all’8,4% in Italia ad agosto acuisce la crisi, la peggiore dal 1985.
    Ma la situazione grava anche su gli altri attori che compongono la filiera alimentare, dai produttori alle imprese di trasformazione.
    Per questo motivo, le associazioni di categoria chiedono al governo l’apertura di un tavolo immediato per chiedere aiuti, anche sfruttando il maggior gettito fiscale che il governo sta valutando in termini di copertura economica.
    Ma questa ipotesi, ancora tutta in fase di studio, può reggere l’impatto nell’immediato e non può certo considerarsi una soluzione di lungo periodo. Ragion per cui, serve quanto prima individuare soluzioni che possano dare ossigeno alla filiera dei beni primari e nello stesso tempo prefigurare un minimo di stabilità nel tempo, almeno finché permane la situazione di conflitto in atto.
    Ben vengano, dunque, risposte in termini di slittamento dei termini di pagamento delle imposte, come l’Iva, ma occorre che questo slot temporale venga usato per individuare soluzioni, magari a livello europeo, che ci consentano di uscire dalla palude sempre più pericolosa in cui ci troviamo immersi.
    Pietro Broccanello

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