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    Dipendenza dal gas e industria dei fertilizzanti: crisi in tutta Europa

    Dipendenza dal gas e industria dei fertilizzanti: crisi in tutta Europa
    Tra i numerosi settori che negli ultimi mesi stanno pesantemente risentendo dell’escalation dei costi energetici, uno di quelli più in crisi è l’industria dei fertilizzanti. Per via della doppia dipendenza dal gas, motore del processo produttivo ma anche materia prima, infatti, numerose fabbriche di fertilizzanti stanno chiudendo in tutta Europa, creando una situazione di stallo che ha e avrà forti ripercussioni sulla produzione agricola e, a cascata, sul bilancio delle famiglie.
    Gli effetti dell’impennata dei costi energetici, e in particolare del gas, stanno fortemente preoccupando praticamente chiunque di questi tempi, a prescindere dal settore merceologico, dalle multinazionali alle piccole imprese.
    Tra le industrie che da qualche mese stanno subendo in modo molto pesante l’escalation dei prezzi dell’energia c’è quella della produzione di fertilizzanti, che nel giro di poco tempo si è ritrovata in panne in tutta Europa, con le fabbriche che chiudono dal Belgio all’Emilia Romagna.
    Le cause di una crisi così brusca e repentina sono molto dirette, più che in molti altri settori. L’industria dei fertilizzanti risente infatti di una duplice dipendenza dal gas, che è sia un elemento che alimenta in modo decisivo il processo produttivo, sia una materia prima nella produzione dei fertilizzanti agricoli.
    Per tale ragione l’aumento dei prezzi del gas mediamente del 300% in pochi mesi sta costringendo molte industrie europee del settore a ridurre, se non proprio ad arrestare, la propria produzione.
    Ad ora sono circa una ventina gli stabilimenti europei temporaneamente chiusi, ma l’aspetto che preoccupa forse ancor di più è che la situazione non preannuncia affatto segnali di miglioramento, semmai il contrario.
    Per rendere l’idea con un esempio significativo, la multinazionale norvegese dei fertilizzanti minerali Yara International, uno dei leader mondiali del settore, a luglio ha chiuso il proprio stabilimento di Ferrara per la seconda volta quest’anno, dopo aver stoppato l’impianto di Le Havre in Francia e avendo già annunciato la stessa sorte per altri siti. Dall’inizio di quest’anno Yara ha prodotto il 15% in meno di ammoniaca in Europa rispetto all’anno scorso e ridurrà ulteriormente la sua produzione, utilizzando nel Vecchio Continente solo il 35% della capacità di produzione di ammoniaca.
    La medesima drammatica situazione riguarda anche gli altri colossi europei e mondiali dell’industria di fertilizzanti, in particolare la categoria che produce gli azotati, quelli più colpiti dai rincari del gas.
    Stando alle parole del presidente di Assofertilizzanti-Federchimica, Giovanni Toffoli – secondo il quale questo è solo l’inizio e la vera tempesta deve ancora arrivare – se i prezzi del gas rimangono tali non ci sono molte alternative. Senza gas e senza tubazioni e rigassificatori per importarlo da Paesi che non siano la Russia, l’unica “soluzione” è ridurre i dazi sull’import di fertilizzanti perché converrebbe di più importarli che produrli. L’Italia attualmente è un Paese autosufficiente al 50% per la produzione di fertilizzanti, solo che il 100% delle materie prime per produrli è importata dall’estero.
    Il fatto è che, sempre secondo Toffoli, visto che i fertilizzanti sono alla base della produzione agricola, nel giro di poco tempo la crisi attuale riguarderebbe molto probabilmente un sensibile ridimensionamento della produzione agroalimentare, con ulteriore rialzo dei prezzi e dell’inflazione, vale a dire con un aumento massiccio delle importazioni e, soprattutto, con un pesante impatto diretto sul bilancio delle famiglie.
    E mentre i leader europei continuano a cercare manovre per rafforzare l’autonomia energetica e la sicurezza alimentare del continente, sia sui prodotti agricoli di base che sui fertilizzanti necessari per mantenere una produzione adeguata, si vagliano diverse ipotesi che vanno dalla diversificazione degli approvvigionamenti di gas e costruzione di gasdotti e rigassificatori al riciclo dell’ammoniaca dal settore zootecnico. Ipotesi che fino a poco fa avevano costi esorbitanti ma che con gli attuali prezzi del gas cominciano a risultare quasi competitive. Almeno finché i progressi tecnologici consentiranno nuove forme di circular economy e la produzione di ammoniaca da fonti rinnovabili, ma per questo ci vorrà tempo.
    Pietro Broccanello

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