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    LE APORIE DEL DIRITTO PENALE EUROPEO, TRA OBBLIGHI DI TUTELA E GARANZIE DEI DIRITTI

    LE APORIE DEL DIRITTO PENALE EUROPEO, TRA OBBLIGHI DI TUTELA E GARANZIE DEI DIRITTI
    Verona, settembre2022
    Introduzione.
    Il diritto penale europeo è caratterizzato da una straordinaria complessità, rappresentata da processi osmotici tra principi della UE e della CEDU e dai rapporti vieppiù problematici tra le Corti Costituzionalinazionali, le Corti della UE e la Convenzione Europea dei diritti Umani. In esso si intreccia una pluralità di parametri rappresentati da quanto stabilito da Carte di garanzia che le Corti devono applicare e osservare (Carta di Nizza, Carta Europea dei diritti Umani, Carte Costituzionali nazionali). Il giudice deve sapersi destreggiare tra variegati strumenti spesso in contraddizione tra di loro, quanto a contenuto e strutture operative e che sottendono la tutela di interessi plurimi.
    Da un lato il diritto penale è privativo delle libertà per cui deve, necessariamente, esser soggetto a garanzie conseguenti a questa sua caratteristica. Si è detto che esso rappresenta il “diritto dei limiti” e la “coscienza delle garanzie” e che ciò (il realizzare limiti e garanzie) spetta al legislatore nazionale specie nel suo rapporto col diritto europeo.
    Solo i Parlamenti nazionali possono impartire, in quanto mandatari del popolo e democraticamente eletti sacrifici e limiti ai diritti fondamentali. Al livello europeo gli interessi sono invece opposti. Occorre realizzare con la massima estensione possibile la tutela di interessi e perseguire la realizzazione di beni ritenuti meritevoli di tutela nel contesto sovranazionale. Il presente scritto intende delineare limiti e possibilità della effettività della loro realizzazione a fronte dell’utilizzo di uno strumento come quello penale di per sé stesso ancorato al principio di garanzia della libertà e dei diritti fondamentali.
    La materia penale europea
    Il diritto penale non ha un campo di materia, inteso come specifico settore d’intervento nella vita sociale, ma si caratterizza per il tipo di disciplina (Padovani 2019). Anzi la disciplina penale viene considerata essa stessa una materia, sia pure “sui generis”; ciò che la caratterizza in quanto “a-priori necessario”, è la pena (Palazzo 2018).
    L’ autore da ultimo citato sottolinea che la questione politica della ”materia penale” evoca una prima grande contraddizione, che si colloca all’interno della più generale contrapposizione tra verità e libertà del diritto. In essa si sono talvolta raggiunti degli equilibri e delle soluzioni precarie rappresentate, ad esempio, dal c.d. costituzionalismo penale che ha attribuito una base normativa alle scelte del legislatore in materia di criminalizzazione. Anche se la gabbia dei beni giuridici meritevoli di tutela penale non ha retto alle pressioni della politica e delle esigenze che la complessa e dinamica accelerazione della storia ha imposto.
    Altro possibile strumento di equilibrio tra normativismo e sostanzialismo, tra libertà e verità, è stato rappresentato dall’universalismo penale dei diritti fondamentali che hanno costituito oggetto della tutela penale.
    La materia penale diviene un dato che è sopra normativo e sottratto alla libertà del legislatore. Sembrava che la portata assiologica dei principi di tutela fosse andata smarrita, almeno per il recente passato tanto a livello Convenzionale che a livello dei Trattati. Ma sugli aspetti di garanzia intendo tornare più in là della mia esposizione.
    Come disciplina scientifica il diritto penale europeo ha avuto una data di nascita. Fino al Trattato di Lisbona si poteva al più parlare di diritto penale comunitario in senso debole, un diritto in cui a livello europeo nascevano i precetti ma non le sanzioni. Con la sentenza del 13 settembre 2005 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in materia di tutela ambientale) è nato il vero e proprio diritto penale europeo in cui precetto e sanzione nascono insieme e si impongono agli Stati nazionali.
     Con la riforma dei Trattati avvenuta a Lisbona (il 13 dicembre 2007) si introdusse la competenza penale della UE da attuare mediante direttive e consacrata definitivamente nell’art. 83 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
    Questa norma, per quello che si diceva, ha una origine giurisprudenziale ma le sanzioni penali da essa previste rimangono di competenza degli stati; i precetti di cui all’art. 83 TFUE sono sostanzialmente penali implicando per l’appunto sanzioni penali. Si stabilisce infatti che il Parlamento europeo e il Consiglio deliberando mediante la procedura legislativa ordinaria possono introdurre norme minime relative alla definizione di reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentino una dimensione transnazionale derivante dal carattere e dalle implicazioni di tali reati o dalla necessità di combatterli su basi comuni. Questo vale non solo per le materie indicate al primo comma (terrorismo, tratta degli esseri umani, sfruttamento sessuale delle donne e dei minori, traffico illecito di stupefacenti, traffico illecito di armi, riciclaggio di denaro, corruzione, contraffazione di mezzi di pagamento, criminalità informatica, criminalità organizzata ) ma anche per quelle relative a settori  che sono stati oggetto di armonizzazione o in quelli che riguardano beni giuridici comunitari ove la transnazionalità deriva dalla natura del bene coinvolto.
    Gli strumenti del diritto penale europeo
    Prima di arrivare a un diritto penale europeo vero e proprio si era passati attraverso una ampia armonizzazione di regole extra penali e di principi. Il diritto penale europeo comunitario era di origine giurisprudenziale, mentre quello comunitario extra penale era nazionale limitandosi solo alle scelte sanzionatorie. La giurisprudenza ha dato un contributo straordinario all’evoluzione dei Trattati e delle Convenzioni nel senso che ha contribuito a superare una dogmatica europea basata esclusivamente su principidella dottrina. Essa ha realizzato un nuovo modello costituzionale europeo che si biforcato in due direzioni: quello della Corte EDU (con un diritto del caso concreto innestato in una mediazione tra civil law e common law) e quello della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (con un diritto scritto secondo le tradizioni di civil law).
    Il diritto penale europeo si è caratterizzato per essere precipuamente antidogmatico, basato sull’interpretazione delle sentenze, piu’ che delle leggi. Nella sua evoluzione si è orientato a risolvere problemi e casi e ragionare per principi giurisprudenziali (nazionali e sopranazionali) sviluppando un nuovo tipo di dogmatica.
    Le Corti sovranazionali hanno utilizzato un nuovo armamentario costituito dalla declinazione di norme interne, alla luce di fonti sovranazionali (Trattati UE, Trattati Internazionali, CEDU) secondo logiche di comparazione costituzionale.
    Strumento essenziale è stata la c.d. interpretazione conforme da utilizzare, prima della remissione alle Corti costituzionali e sovranazionali delle questioni di legittimità. Questo strumento deve rispettare il tenore letterale della norma . Essa pur essendo destinata ad adeguare ermeneutica mente le norme interne alle esigenze delle norme europee non deve comportare uno stravolgimento della normativa nazionale, non potendo servire da fondamento ad una interpretazione contra legem del diritto nazionale.
    Non può inoltre, anche nell’attuazione del diritto dell’Unione, produrre ricadute peggiorative sulla situazione del singolo e un allargamento delle fattispecie incriminatrici nazionali; il principio di stretta legalità ne impedisce le ricadute in malam partem. Eventuali obblighi di penalizzazione e di irrigidimento del trattamento sanzionatorio, anche se discendenti dal diritto UE non possono che essere attuati mediante leggi o atti a queste equiparati che traspongano la normativa europea. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione Italiana sono sempre intervenute in modo fermo per impedire affetti in malam partem utilizzandosi il diritto europeo per ampliare l’area della illiceità penale mediante l’uso del rinvio pregiudiziale, anche al fine di ottenere forme di efficace tutela penale di interessi europei, altrimenti precluse dalla legislazione nazionale. L’obbligo di interpretazione conforme trova i suoi limiti nei principi generali del diritto e in particolare in quelli di certezza e non retroattività.
    L’art. 25 della Costituzione deve ritenersi ostativo alla adozione di interpretazioni che comportino effetti costitutivi o peggiorativi della responsabilità penale; tali interventi sono riservati in via esclusiva alla discrezionalità del legislatore. Sempre è possibile una interpretazione conforme idonea a produrre effetti in bonam partem che non soffre dei limiti imposti dalla riserva di legge.
    Il principio di prevalenza del diritto europeo sul diritto interno incontra alcuni limiti. Il più rilevante è quellodella diretta applicazione e della prevalenza del diritto europeo sul diritto nazionale è costituito dalla disapplicazione del diritto interno contrastante, che si verifica se il diritto europeo è self-excuting (deve trattarsi di norme dei Trattati, dei regolamenti di direttive dettagliate, per le quali sia decorso il termine di attuazione da parte dello stato).
    La disapplicazione non può comportare come esito la prevalenza del diritto europeo che comporti da un lato la dilatazione dell’area di rilevanza penale e dall’altro un giudizio in malam partem. La Corte di Giustizia UE ha riconosciuto che la legislazione euro unitaria “non può esser invocata in quanto tale dalle autorità di uno stato membro nei confronti degli imputati nell’ambito di procedimento penale…omissis essa non può avere come effetto di per sé   e indipendentemente da una legge interna di uno stato membro adottata per la sua attuazione, di determinare o aggravare la responsabilità degli imputati” (CGUE GS3 Maggio 2005 causa C-387/02 Berlusconi e altri).
     
    Il limite della riserva di legge europea
    Si è sostenuto che la previsione per il Parlamento europeo della procedura ordinaria, quale meccanismo generale di adozione degli atti legislativi dellUnione, in particolare per la materia penale, ha finalmente consentito di superare gli ostacoli che impedivano di fare intervenire, per le opzioni politico-criminali, i rappresentanti dei popoli europei e compiere alle istituzioni, un passo avanti nel percorso di legittimazione democratica, riconoscendosi finalmente una potestà europea penale di tipo diretto; la procedura ordinaria è delineata dallart. 294 TFUE ed è sinonimo di procedura di codecisione.
    Alcuni interpreti si sono chiesti se essa, da cui possono scaturire gli atti penali europei, possa considerarsi come tipica della dialettica tra maggioranza e opposizione e quindi propria di un organo per questo motivo legittimato a compiere scelte di incriminazione in aderenza del principio del nullum crimen sine lege. In altri termini il principio di riserva di legge implica che esista una mediazione democratica dellorgano rappresentativo (il Parlamento) nei confronti dei cittadini. Ma questo è vero per il Parlamento europeo? Si possono avanzare dei dubbi.
    La prima contraddizione rispetto al principio democratico, espressivo della riserva di legge, èrappresentata dalla circostanza che il Parlamento europeo ha, esclusivamente, un potere di emendamento ma non di iniziativa legislativa. Soltanto questultima offre la capacità di ponderazione di valori e interessi meritevoli di tutela e di regolamentazione di livello primario (oggi ancora affidata alla Commissione). Lautore citato così conclude in definitiva può dirsi che non basta e non può bastare il prevedere una codecisione se è vero come si è tentato di dimostrare che il modello così delineato manca dei requisiti minimi per corrispondere alla ratio garantista della riserva di legge .
    Commissione e Parlamento europeo (ammesso e non concesso, che la prima rappresenti leffettivo esecutivo europeo) non sono legati dal medesimo rapporto che lega i governi alle assemblee elettive nei governi parlamentari nazionali. Nelle istituzioni europee permane il deficit democratico dai più denunciato; certo il Parlamento è elettivo e gli altri organi hanno una legittimazione democratica indiretta, ma questa affermazione trascura che essi mancano di responsabilità politica di fronte di fronte ai cittadini europei.
    Se è vero che il Consiglio europeo (composto dai Capi di Stato e di Governo) ha una responsabilità di fronte al proprio Parlamento nazionale ma relativa esclusivamente al perseguimento di interessi nazionali e non dellUnione Europea. La Commissione e il Consiglio continuano ad essere sottratti al controllo politico del Parlamento europeo e aver aumentato la competenza di questultimo non ne ha comportato unaconfigurazione simile a quella delle AssembleeParlamentari nazionali. Ne è così derivata, una crisi irrimediabile della riserva di legge europea, del diritto scritto e una fuga verso il diritto penale di matricegiurisprudenziale, le cui caratteristiche e valenza si sono più sopra indicate. La giurisprudenza si configurasempre più quale fonte paritaria rispetto alla legge.
    Occorre superare la denunciata crisi della riserva di legge attribuendo al Parlamento una maggiore rappresentatività politica, che superi gli angusti limiti della codecisione, anche modificando le procedure verso una vieppiù intensa partecipazione degli eletti alle scelte essenziali in materia di criminalizzazione.
    Considerazioni finali.
    Il modo di determinazione dei concetti penali non è più esclusivamente nazionale. Cambia la competenza politica nelle scelte di criminalizzazione. Si deveprendere atto inoltre che non esiste alcuna attribuzione di competenze allUE sul piano delle garanzie e rimanefermo il divieto di armonizzazione dei concetti di parte generale previsto dallart. 83 TFUE. Appare impossibileproporre uno statuto garantistico del diritto penale UE,per il quale esiste una previsione di competenza, limitata solo alla parte speciale del diritto penale, che impedisce linclusione della tematica delle garanzie, per questa parte dellordinamento della UE.
    Questo è il primo dei limiti strutturali del diritto penaleeuropeo. Occorre dunque superare la visione di un diritto penale relegato esclusivamente alla tutela di beni,operando una analisi seria in sede politica e dottrinaria sulla necessità di non limitare il sistema delle garanzie esclusivamente allambito nazionale, ma ricomprenderlo nella riflessione e nella sistematica del diritto penale europeo.
    Laltra grande necessità è di riaffermare che il sistema garantistico del diritto penale non può prescindere dalla legge e non può affidarsi esclusivamente ad una giurisdizione di lotta attuata da un giudice di scopo,che non giudica il fatto e la responsabilità dellindividuo ma vuole soltanto reprimere fenomeni sociali generali.
    Il compito di realizzare questi obiettivi minimi non può che essere attribuito alla politica europea e nazionale mediante la acquisizione della consapevolezza della necessità del diritto penale europeo, ma anche dei suoi limiti.    

     

    Cesare Augusto Placanica

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