ELEZIONI, IL GIUDICE RESPINGE IL RICORSO CAPPATO
Marco Cappato ha perso il ricorso: la lista resta esclusa e il voto non sarà rinviato. Ma ora si prepara ad un reclamo urgente, e sulla decisione commenta: “È frutto dell’inerzia istituzionale”.
IL FATTO
Per poter depositare le proprie liste di candidati alle elezioni del prossimo 25 settembre, i partiti hanno dovuto raccogliere almeno 750 firme per ciascun collegio plurinominale in cui è diviso il territorio nazionale. Esenti sono i partiti che avevano un gruppo parlamentare lo scorso 31 dicembre, o che alle ultime elezioni avevano eletto deputati o superato l’1% in coalizione, così come i partiti che si sono coalizzati con altri già presenti in Parlamento (per esempio Azione, alleato di Italia Viva).
La lista Referendum e Democrazia, fondata dall’ex europarlamentare e attivista Marco Cappato, per ovviare al problema di raccogliere fisicamente le firme, da convalidare da sindaci, amministratori locali, notai o avvocati, aveva optato per la raccolta digitale, così come era accaduto in occasione della proposta di referendum sulla legalizzazione dell’eutanasia e della cannabis. Ma la doccia fredda era giunta quando era stata disposta l’esclusione da parte dei giudici controllori, che avevano invalidato la raccolta online. Decisione, questa, che aveva spinto Cappato e gli attivisti di Referendum e Democrazia a proporre ricorso al Tribunale di Milano, per sancire la piena legalità dell’operato, così come era accaduto in occasione della promozione dei quesiti referendari.
LA PRONUNCIA DEL TRIBUNALE DI MILANO
La bocciatura è però arrivata nella giornata di ieri, quando il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso presentato dal neonato partito di Cappato contro l’esclusione dalle liste per le elezioni del 25 settembre, che di fatto determina la fine di un progetto politico che ancora non ha di fatto mai visto la luce del sole, escludendo così lo scenario, paventato negli ultimi giorni almeno in linea teorica, ancorché fortemente impassibile, di rimandare la tornata elettorale. Il Tribunale ha motivato la decisione sostenendo che non sia stato possibile verificare l’esistenza delle firme digitali che erano state depositate in diversi collegi del Nord Italia tramite chiavette USB. Secondo Cappato è «una decisione insensata», perché il compito di verificare le firme digitali spettava alle Corti d’Appello, gli organi giudiziari incaricati di ammettere e respingere le candidature delle liste, e non a chi le aveva presentate. Una dura risposta, quella del diretto interessato, che sottolinea come “nel silenzio assoluto da parte di Governo, Parlamento e Presidente della Repubblica, il giudice di Milano si è trovato a dover decidere in condizioni di oggettivo ricatto prodotto dall’inerzia istituzionale. Anche per questo la nostra azione non finisce qui. È in preparazione un reclamo urgente e ricorsi a giurisdizioni internazionali”.
LE RAGIONI DI CAPPATO
Le ragioni che spingevano Referendum e Democrazia a richiedere al Governo un intervento normativo lampo riguardavano il fatto che le firme digitali, cioè quelle che garantiscono l’identità del cittadino attraverso sistemi diversi, compreso lo SPID, sono considerate valide per molti aspetti della vita pubblica e amministrativa italiana, compresa la presentazione di un referendum, come di fatto accaduto per la promozione dei quesiti su fine vita e cannabis, ma la decisione delle Corti d’Appello è andata in senso opposto, secondo quella che è stata definita “una interpretazione datata e restrittiva delle leggi” da parte del tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni.
L’esecutivo aveva però sin da subito rispedito la questione al mittente, e nella memoria presentata aveva rilevato come anche per queste elezioni le formazioni politiche “di qualche consistenza” erano comunque riuscite a raccogliere le firme e a candidarsi.
Andrea Fortebraccio