L’Ue cerca nuove soluzioni per arginare i costi energetici
Bruxelles si è detta pronta a discutere l’ipotesi di fissare un tetto al prezzo del gas utilizzato per la produzione di energia elettrica. La Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen ha inviato una lettera ai vari leader incoraggiando la ricerca di nuove soluzioni per far fronte ai costi elettrici. Ma per ora le divisioni paralizzano l’Ue e le decisioni sono rinviate.
In una lettera inviata l’altro ieri ai 27 leader dell’Ue, la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen mostra chiaramente quanto l’Europa sia divisa sulla questione della crisi energetica. Perché se a sette mesi dall’inizio della guerra in Ucraina si deve affrontare una riunione del Consiglio europeo (iniziata ieri a Praga) per specificare la disponibilità a discutere il tetto ai prezzi energetici, significa che i tempi per prendere misure operative sono tutt’altro che stretti.
Anche se la stragrande maggioranza si è dimostrata favorevole al price cap – i sostenitori ora sono più di 15 – la resistenza di Paesi come Germania e Olanda sta di fatto bloccando qualsiasi risoluzione decisionale dell’Unione. Sicuramente la decisione non verrà presa oggi né domani.
È lecito pensarlo dal momento che la bozza finale del documento distribuita l’altro giorno è stata frettolosamente ritirata, e che quindi non ci sarà alcuna dichiarazione finale. La giustificazione ufficiale che è stata comunicata è che in questo caso si tratta di un vertice informale e quindi non è necessario alcun documento. Dimenticando, però, che quelli in cui ci troviamo non sono evidentemente tempi normali da affrontare con le procedure ordinarie.
La verità è che la Presidenza Ceca ha fallito nel suo tentativo, anche per via dell’inesattezza e della vaghezza del testo editato martedì scorso. Ciononostante, il futuro premier italiano Giorgia Meloni, che già l’altro ieri mattina temeva il “rischio fallimento”, in serata ha poi definito la proposta della Von der Leyen come un “passo avanti”, una sfida che deve tener conto degli sforzi di tutti.
A quanto pare, il presidente del Consiglio uscente Mario Draghi e altri capi di Stato e di governo stanno discutendo soluzioni “intermedie”, il cui scopo principale è quello di non rendere pubblica la spaccatura. Una di queste vie di mezzo consiste nel non fissare un “tetto” vero e proprio ma una fascia di prezzi con fornitori “amici”, inclusi Stati Uniti, Norvegia e Algeria
Cercheranno quindi di studiare un metodo per scindere il prezzo del gas dal prezzo dell’elettricità, liberando il costo dell’elettricità prodotta da fonti alternative al metano. Un modo per ridurre l’onere delle bollette mensili su famiglie e imprese. Si era prima parlato anche della cosiddetta “eccezione iberica”, ovvero la possibilità di un intervento statale per compensare la differenza di costo tra l’energia elettrica prodotta da metano e quella prodotta da fonti rinnovabili. Una soluzione che però ha sempre visto diversi oppositori, in particolare coloro che non possono attingere a piene mani dal bilancio pubblico, tra cui l’Italia.
E infine insisteranno nella ricerca di una quotazione del gas alternativa rispetto alla borsa energetica di Amsterdam, il Ttf, anche se questo rischia di rimanere nella lista dei desideri.
Il pacchetto verrà dunque rinviato al Consiglio Europeo formale del 20 ottobre a Bruxelles, ma anche in quella data è probabile che bisognerà attendere per decisioni operative.
Nel frattempo, come ha sollecitato la presidente della Commissione, l’Ue deve cercare di rendere obbligatorio la piattaforma di acquisti comuni, dal momento che il sistema volontario non ha funzionato.
Tra ieri e oggi si stanno consultando in videoconferenza anche gli otto ministri dell’energia dei Paesi maggiormente energivori, sempre nel tentativo di trovare una soluzione comune. Ma la sensazione dominante è che sarà impossibile trovare un accordo finché Paesi come la Germania si renderanno conto che la paralisi energetica dell’Europa ha gravi conseguenze anche sulla propria economia.
Pietro Broccanello