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    Il Terzo Settore e il rapporto con i giovani

    Il Terzo Settore e il rapporto con i giovani
    INTRODUZIONE E PIANO D’INDAGINE
    L’obiettivo dell’articolo è di presentare il Terzo Settore sotto un punto di vista
    innovativo: quello dei giovani. La ricerca è avvenuta tramite una raccolta dati effettuata
    grazie ad Argis – Associazione di Ricerca per la Governance dell’Impresa Sociale – che,
    negli ultimi 3 anni, ha indetto un concorso dedicato alle tesi di laurea che trattano temi
    riguardanti il Terzo Settore e le Imprese Sociali. Questo concorso si è trasformato in
    un’ottima occasione per intercettare i giovani laureati che hanno dedicato la conclusione del
    proprio percorso accademico ai predetti temi.

    Nel 2022, la terza edizione del bando ha visto assegnato il premio a Graziana Alì,
    con una tesi dal titolo “Imprese e imprese sociali un’analisi delle pratiche di rendicontazione
    sociale e valutazione d’impatto”. È stata riconfermata la partecipazione di numerosi
    candidati, provenienti dalle università italiane sparse su tutto il territorio. Un’ampia
    percentuale di tesisti si è occupata di argomenti relativi alla rendicontazione e alla
    trasparenza degli enti del Terzo Settore.

    Successivamente, l’Associazione ha deciso di ricontattare i ragazzi che, durante le
    varie edizioni, hanno preso parte al concorso, con lo scopo di capire quali siano le ragioni
    che li hanno spinti ad interessarsi al mondo del Terzo Settore e quale fosse la loro opinione
    in merito. All’indagine, la quale ha riscontrato un discreto successo, hanno partecipato 19
    ragazzi, circa un terzo dei partecipanti alle tre edizioni del concorso.

    RISULTATI DELLA RICERCA

    Grazie alle risposte fornite, è possibile compiere qualche riflessione sul rapporto tra
    i giovani (in particolare neolaureati) e il Terzo Settore. Prima di procedere ad esaminare
    quanto emerso dalle risposte, però, si ritiene significativo evidenziare quale sia stato il primo contatto con questo peculiare fenomeno, sconosciuto ai più. Gran parte degli intervistati ha affermato di essersi avvicinato al Terzo Settore durante il percorso universitario. Una piccola parte, invece, già operava all’interno del campo del non profit o ne è venuto a conoscenza tramite la cerchia famigliare. Già da queste preliminari osservazioni possiamo comprendere quanto sia fondamentale che il sistema universitario (e forse ancor prima quello scolastico) e il Terzo Settore collaborino affinché venga diffusa la cultura della cittadinanza attiva.

    Alla domanda “Come mai hai deciso di scrivere una tesi sugli enti del Terzo Settore?”
    le risposte sono state variegate. La maggior parte afferma di presentare uno spiccato
    interesse per questo settore. Altri ne sottolineano il ruolo e l’importanza che ormai ha
    assunto, a tal punto che qualcuno arriva a definire certi tipi di enti “attori fondamentali”.
    Inoltre, i c.d. corpi intermedi sopperiscono ai bisogni di interesse generale, in un momento
    storico in cui lo Stato non è in grado di farlo, a causa della carenza di risorse pubbliche.
    Ciononostante, ci si rende conto che non sempre si attribuisce loro il giusto riconoscimento
    e la giusta visibilità (e, certamente, non al pari degli enti for profit). Si parla altresì
    dell’economia italiana in termini di ripresa e sostenibilità proprio grazie all’intervento enti del Terzo Settore; oltre che di sviluppo economico, si tratta anche di sviluppo in termini sociali.

    Altri ancora ne condividono i valori sociali, i principi etici, la mission e l’alterità. Ricorre inoltre il termine responsabilità sociale, praticata per antonomasia dagli enti non profit, ma che si sta facendo strada perfino all’interno delle organizzazioni lucrative. Infine, si accenna ai caratteristici tratti che presenta il fenomeno, comunque poco noto e poco approfondito in
    termini di studio. Estremamente significativo il riscontro relativo all’interesse di proseguire il percorso avviato con la tesi di laurea: circa il 95% degli intervistati ha risposto affermativamente, nonostante soltanto il 30% risulti attualmente occupato presso un Ente del Terzo Settore, grazie ad un dottorato di ricerca o in un progetto locale per la realizzazione di un’impresa di comunità. Coloro che invece sono alla ricerca di un’opportunità, o desiderano concretizzare l’oggetto del proprio elaborato, guardando con favore alle “attività di fundraising”, alla ricerca, alla sensibilizzazione degli enti locali per la promozione di associazioni e alla divulgazione dei dati emersi dagli studi intrapresi.
    Le considerazioni in merito a questi temi sono esplicitate nelle conclusioni.

    LUCI E OMBRE DEL TERZO SETTORE

    Come ultimo punto si è chiesto di esprimere un generico parere in ambito Terzo
    Settore, sia con riguardo agli aspetti positivi che a quelli negativi. Le opinioni sono già
    parzialmente emerse in precedenza, ma per completezza espositiva verranno trattate
    ugualmente in questo paragrafo.

    Tra gli aspetti positivi viene menzionato più volte il fine solidaristico che gli enti del
    Terzo settore sono tenuti a perseguire, consentendo ai cittadini di migliorare la qualità della
    propria vita (sia per quel che concerne la sfera ambientale, sociale ed economica) ed è
    opinione diffusa che, per questi motivi, andrebbe sviluppato e valorizzato maggiormente,
    grazie al contributo di ciascuno di noi. Gli enti non profit vengono considerati i soggetti
    giuridici più adeguati ad erogare servizi di utilità sociale, rendendosi perfino insostituibili. In
    effetti, si ritengono essere i più flessibili, innovativi e con potenzialità di sviluppo non
    indifferenti (ne dà conferma la costante crescita ed evoluzione alla quale si è assistito
    nell’ultimo ventennio). Grazie alla Riforma del Terzo Settore, un punto fondamentale si
    rinviene nell’opportunità di fare rete, che permette anche alle organizzazioni più piccole di
    far sentire la propria voce e non rimanere inascoltate.

    Se non vi sono dubbi circa il valore del Terzo Settore, tra i giovani intervistati emerge
    ugualmente uno sguardo critico, che evidenzia alcuni degli attuali limiti. Emergono in primis
    la poca stabilità e remunerazione a livello economico, le quali non dovrebbe sorprendere,
    considerato che il lavoro dei volontari (che spesso richiede un grande dispendio di tempo
    ed energie) non può essere in alcun modo retribuito ai sensi del Codice del Terzo settore.
    Inoltre, il settore non sempre viene debitamente considerato da parte delle istituzioni
    pubbliche e di una fetta consistente della popolazione. La recente Riforma, non ancora
    totalmente attuata, per certi versi viene valutata positivamente, mentre per altri
    negativamente. In particolare per le frodi che si potrebbero perpetrate a danno della
    collettività, da parte di soggetti che sfruttano la reputazione degli enti non profit con il solo
    scopo di avvalersi delle agevolazioni fiscali. Su questo punto, però, si replica che il Codice
    del Terzo Settore, rispetto al passato, prevede una serie di controlli (interni ed esterni) molto più stringenti, proprio con l’obiettivo di scongiurare il rischio di sfruttamento indebito dei benefici dedicati agli enti del Terzo Settore. I controlli recentemente introdotti sono tali che qualcuno arriva a descrivere il mutato assetto come “gravato da incombenze che funzionano per le associazioni organizzate, ma che ammazzano i piccoli gruppi” e che, proprio per questo motivo, “serve una normativa più semplice”. In aggiunta, si reputa problematica la macchinosa burocrazia e, collegato al discorso precedente, si accenna alla poca trasparenza da sempre occorsa. Anche questo punto, tuttavia, rappresenta il fulcro della Riforma del Terzo Settore, la quale sta tendando di porvi rimedio. Infine, il carattere flessibile degli enti dell’economia sociale, se da un lato viene giudicato come elemento di forza per la gestione interna del lavoro e lo svolgimento efficiente dei servizi, dall’altro può degenerare in una scarsa organizzazione.

    CONCLUSIONE
    Dall’analisi dei risultati della ricerca è possibile trarre alcune considerazioni finali. Il
    Terzo Settore suscita sicuramente, e per diverse ragioni, un grade interesse nei confronti
    dei giovani. Soprattutto a livello accademico, grazie anche alla riforma del Terzo Settore,
    l’argomento è stato approfondito da varie prospettive: sociale, giuridica, fiscale, economica,
    finanziaria, etc.

    Per quel che concerne i dati relativi alla volontà di concretizzare quanto approfondito
    inizialmente con la tesi, una volta terminato il percorso universitario, si evince chiaramente
    un’intenzione quasi unanime di cercare un lavoro che, oltre ad essere remunerativo, sia utile alla collettività, che rispecchi dei valori etici e che dia un senso alle proprie vite. Ma il lavoro nel Terzo Settore può essere solo una scelta etica? Quest’esigenza viene ampiamente appagata operando all’interno in un ente di Terzo Settore, ma gli scarsi compensi e le poche opportunità lavorative, al contrario, sembrano essere gli aspetti meno soddisfacenti. Il quadro che appare, seppur parziale considerato il ristretto campione di riferimento, è quello di un Terzo Settore che interessa, ma che non sembra investire adeguatamente nelle risorse umane, né offrire opportunità di formazione per chi vuole accrescervi le proprie competenze professionali. In aggiunta, considerato che il mercato unico non tiene conto delle differenze tra for profit e non profit, non si può di certo affermare che la remunerazione possa competere. Tutto ciò comporta conseguenze negative sulla capacità di concorrere con gli enti lucrativi per attrarre professionisti altamente qualificati, con ricadute sull’organizzazione e sulla performance delle strutture intermedie.

    A nostro avviso, la domanda da porsi in conclusione è: considerato l’evidente
    desiderio di un buon numero di giovani neolaureati di spendere risorse e competenze a
    favore del Terzo Settore, riuscirà questo a sfruttarne l’opportunità, sopperendo così alla
    rimarcata mancanza di professionalizzazione, o si tratterà di potenzialità sprecate? Ai
    posteri, l’ardua sentenza.

    Nicole D’Amelio
    Giorgio Turetta

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