Brasile: democrazia sotto attacco dei sostenitori di Bolsonaro. Cosa è successo
Nel fine settimana, il Brasile ha dovuto fare i conti con un attacco alle istituzioni democratiche del Paese. Nella giornata di domenica svariate migliaia di supporter dell’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro hanno assaltato i palazzi del potere nella capitale Brasilia, prendendo di mira l’ufficio presidenziale, la Corte Suprema e riuscendo ad entrare e vandalizzare il parlamento. Le autorità hanno spiegato di aver ripreso il controllo dopo poche ore, con le forze dell’ordine che hanno arrestato diverse centinaia di persone.
Immediati sono stati i paragoni con quanto successo un anno fa a Washington, quando un gruppo di manifestanti pro-Trump ha assaltato Capitol Hill. Le somiglianze tra i due eventi non mancano: Bolsonaro e i suoi sostenitori si rifiutano di riconoscere il presidente eletto di sinistra, Luiz Inácio Lula da Silva, come legittimo vincitore delle recenti elezioni, esattamente come capitato con i trumpiani e il loro leader. Anche questa volta Bolsonaro ha preso le distanze dalle violenze, come fece Trump (con un certo ritardo).
Ma non mancano nemmeno le differenze. I manifestanti pro-Bolsonaro erano accampati da settimane e si temeva l’esplosione di violenze, mentre l’assalto a Capitl Hill è stato più repentino. Nel caso brasiliano, sono scoppiate subito forti polemiche sulla mancata capacità delle autorità non solo di prevedere un simile attacco, ma anche di intervenire efficacemente una volta in atto. Infine, il Campidoglio statunitense è stato attaccato prima dell’insediamento di Biden, mentre in questo caso Lula è presidente del Brasile da oltre una settimana. Una differenza non da poco che ha permesso a Lula di intervenire immediatamente tramite un decreto di emergenza che gli permetterà di adottare “tutte le misure necessarie di ordine pubblico” per riportare l’ordine. Unanimi le parole di sostegno al governo brasiliano dai capi di stato di tutto il mondo.