Smartworking: per chi viene prorogato
Lo smart working è diventato una realtà quotidiana per molti lavoratori durante la pandemia. Ora una norma dl Milleproroghe rinvia fino al 30 giugno il diritto al lavoro agile al 100% solo per certe categorie, quali i lavoratori fragili, mentre rimangono contrasti interpretativi sull’applicazione per i genitori con figli under 14.
Se finora il governo ha adottato misure per favorire il lavoro a distanza, tra cui la possibilità di lavorare da casa al 100% per coloro che hanno le competenze e gli strumenti per farlo, la scadenza di queste misure è fissata per il 30 marzo. Con l’apposita norma contenuta all’interno del Milleproroghe il governo ha deciso di prolungare la possibilità di smartworking, ma questo vale solo per certe categorie di lavoratori e a certe condizioni.
Viene prorogato il lavoro agile fino al 30 giugno per i lavoratori del pubblico e del privato considerati “fragili”, cioè affetti da una lista di patologie gravi indicate dal ministero della Salute (immunodeficienze, patologie oncologiche, pazienti che hanno avuto trapianti), contro il maggiore rischio al quale possono essere esposti. In questo caso i giuslavoristi concordano nell’interpretazione della norma nel senso del riconoscimento di un diritto al lavoro da remoto “integrale”, e che il ricorso al lavoro agile è riconosciuto anche in caso di incompatibilità delle mansioni con il lavoro da remoto, nel senso che il lavoratore può essere adibito ad un’altra mansione compresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti), senza alcuna decurtazione retributiva.
Rimane forte invece il contrasto interpretativo sulla portata della norma rispetto ai lavoratori dipendenti nel privato, genitori di figli minori di 14 anni. Il diritto può infatti essere fatto valere a due condizioni: la prima è che nel nucleo familiare non vi sia un altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito (per sospensione o cessazione dell’attività lavorativa) o che non vi sia genitore non lavoratore. La seconda condizione stabilisce che la modalità di lavoro agile sia compatibile con le caratteristiche della prestazione da rendere.
Secondo professor Maresca “la norma si limita a riconoscere il diritto di tali genitori a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ma non ne definisce il contenuto e, segnatamente, la misura, dunque l’alternanza dei giorni di presenza e di lavoro da remoto. In tale prospettiva, è quindi sostenibile che il genitore di figlio minore di 14 anni, alle condizioni stabilite dalla norma , abbia il diritto al lavoro agile, diritto però da esercitare secondo la disciplina prevista dall’impresa”. In sostanza, secondo questa linea interpretativa, è riconosciuto il diritto del dipendente al lavoro agile, non già il diritto al lavoro da remoto che è cosa ben diversa: infatti il lavoro agile prevede come requisito l’alternanza tra lavoro in presenza e lavoro da remoto, senza la quale non si configura lo smart working.
In tal senso la norma del Milleproroghe servirebbe più che altro a riconoscere al lavoratore un diritto soggettivo che gli consente di pretendere ed ottenere il lavoro agile (non quello interamente da remoto), in tutte quelle aziende nelle quali il datore di lavoro non intende avvalersene e non utilizza lo smartworking per i propri dipendenti.
Pietro Broccanello