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    E4Impact Foundation: dall’alta formazione manageriale allo sviluppo di business a impatto positivo nel continente africano

    E4Impact Foundation: dall’alta formazione manageriale allo sviluppo di business a impatto positivo nel continente africano

    Nata come costola di ALTIS, l’Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, oggi la Fondazione opera in 20 Paesi africani aiutando gli imprenditori locali a crescere sviluppando business a impatto positivo, promuovendo un’alleanza con le Università africane oltre a partnership e relazioni commerciali tra imprese africane e italiane. Ne abbiamo parlato con Giorgio Sartori, che all’interno della Fondazione E4Impact lavora nel team Business Development Africa, focalizzato in particolare sulle opportunità per le imprese italiane in un continente con un mercato consumer sempre più importante in diversi settori.
    Come nasce Fondazione E4Impact e con quale obiettivo?
    E4Impact nasce come una costola di ALTIS, l’Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore,che nel 2010 ha lanciato il primo Global MBA in Impact Entrepreneurship in collaborazione con il Tangaza University College di Nairobi. Cinque anni dopo, da quel nucleo originale si è poi evoluta in Fondazione grazie al contributo dell’Associazione Genesi, Mapei, Webuild,Università Cattolica e Always Africa Association, cui in seguito si sono aggiunti, in qualità di partecipanti, anche ENI, Banca Intesa Sanpaolo, VueTel, Carvico, Montello, Confapi, Diana Bracco, Michele Carpinelli e Jean Sebastien Decaux,. L’idea di fondo che guida tutta l’attività della Fondazione è quella di aiutare gli imprenditori africani a crescere sviluppando business a impatto positivo sia dal punto di vista sociale che ambientale, perché è il modo migliore per creare benessere nel proprio Paese,promuovendo un’alleanza con le Università africane oltre apartnership e relazioni commerciali tra imprese africane ed europee.
    Quali sono le aree di attività della Fondazione E4Impact?
    L’attività è iniziata offrendo degli MBA per imprenditori in Africa, pensati non per studenti generici ma per coloro che avessero già avviato un’attività imprenditoriale o volessero seguire un master in business administration finalizzato ad impostare la loro impresa sviluppando l’idea di business iniziale. Questo approccio si è poi sviluppato nel tempo ed ora siamo presenti in 20 Paesi, con la più grande alleanza con Università africane – in totale 24 – insieme alle quali svolgiamo l’attività di formazione in ciascuno di questi Paesi con il contributo di docenti sia italiani che africani. Su questo filone si sono poi aggiunte varie altre iniziative legate allaformazione con la medesima caratteristica. Una seconda area di attività è relativa allo sviluppo di progetti, di cui E4Impact segue prevalentemente il lato formativo, elaborati insieme ad Enti istituzionali e/o finanziatori internazionali oppure grandi imprese che li sviluppano coinvolgendo imprenditori locali, come quello attualmente in corso in Kenya che interessa 30mila coltivatori di caffè. Grazie alla attività iniziale di E4Impact, nel corso del tempo si è creatoun network di qualche migliaio di imprenditori africani interessati ad accrescere il loro business e nello stesso tempo abbiamo consolidato rapporti con diverse aziende italiane, da qui l’idea di ampliare la nostra area di azione diventando una sorta di ponte per mettere in contatto le imprese italiane con quelle africane affinché possano sviluppare insieme un business a impatto positivo sia sociale che ambientale, creando posti di lavoro e migliorando quindi le condizioni locali. Quest’ultima area è denominata Business Development Africa, dove sono parte di un team insieme a Maurizia Rota e Marco Locati, e mettiamo a disposizione la nostra consolidata esperienza manageriale per supportare le aziende africane e quelle italiane nella ricerca di opportunità comuni per sviluppare il loro business.
    Nello specifico come opera il BDA e quali servizi offre?
    Il BDA sostanzialmente offre servizi di consulenza a supporto delle imprese italiane che manifestano interesse verso le opportunità di business in Africa fornendo l’aiuto necessario per accostarsi al mercato africano e sviluppare partnership con imprese locali, seguendo tutto il percorso dall’inizio alle fine. L’approccio più comune è quello di mettere a punto uno studio iniziale per identificare dei partner a seconda del tipo di azienda e di necessità, seguito poi da tutto il supporto consulenziale – assistenza fiscale, legale e tecnica – necessario per avviare il business. Siamo anche in grado di offrire delle valutazioni di impatto sociale utili alle aziende non solo a fini di immagine ma anche per ottenere finanziamenti. Talvolta operiamo a partire dall’Italia offrendo ad una azienda italiana la possibilità di identificare dei partner in Africa – come agenti, rivenditori, clienti o soggetti con cui realizzare delle joint venture, a seconda della natura del business e del loro interessee, viceversa,intercettiamo aziende africane per aiutarle a trovare collegamenti con quelle italiane. Abbiamo inoltre delle partnership con soggetti istituzionali ed enti come Assafrica, la divisione di Confindustria che raggruppa imprenditori interessati a sviluppare business in Africa, da cui nascono contatti e opportunità. Da quello che abbiamo potuto notare finora riteniamo prioritario impostare il nostro lavoro ragionando su filiere o cluster, perché parlare di industria in senso lato a volte è troppo generico. Se pensiamo che il 50% dell’economia africana si concentra nell’agribusiness, è evidente che ci sono moltissime sfaccettature da tenere in considerazione, per questo è fondamentale identificare delle filiere da incominciare a seguire con una particolare attenzione così da facilitare le connessioni.
    Che tipo di mercato si sta sviluppando in Africa e quali opportunità per le imprese italiane?
    Va premesso che ciò che vale per alcuni Paesi non vale per altri, per esempio la fascia mediterranea ha delle caratteristiche poco confrontabili con quelle dell’Africa centrale, così come il Sud Africa fa storia a e per molti aspetti è un’economia del tutto paragonabile alle nostreoltre a essere anche più avanzata di alcuni Paesi europei in determinati settori. La prima osservazione è che si tende ancora a guardare l’Africa da un punto di vista che è ormai largamente superato, oggi sta diventando un mercato consumer importante e lo sarà sempre di più nei prossimi anni. Nonostante i problemi, stiamo infatti assistendo a una crescita rapida della classe media che, come tale, desidera prodotti adeguati al proprio status in moltissimi campi, dal cibo alla moda fino all’edilizia privata. Quello africano è quindi un mercato consumer ricco di opportunità per un Paese come l’Italia che vanta delle eccellenze in molti settori che interessano queste fasce di popolazione, certamente più maturo in alcuni Paesi e meno in altri,sebbene in evoluzione. È il caso dell’Etiopia che conta 100 milioni di abitanti e secondo tutte le stime tra pochi anniavrà una classe media di parecchi milioni, che cresce a tassi altissimi. Secondo questa proiezione ci sono aziende che con lungimiranza hanno già investito in impianti di produzione per cogliere questa opportunità. C’è poi da considerare il fenomeno del leapfrogging che in Africa è molto pronunciato, per cui nello stesso settore o in settori contigui convivono aspetti molto arretrati ad altri più avanzati dei nostri. Ad esempio numerosi Paesi africani sono molto più avanti rispetto all’Italia per quanto riguarda ipagamenti elettronici attraverso smartphone, come il Kenya dove sono diffusissimi, questo perché l’assenza di infrastrutture base ha permesso che si verificasse un balzo sulla generazione tecnologica successiva. Ecco perché moltissime applicazioni basate sui cellulari dilagano più di quanto non accada nel nostro Paese, saltando completamente il passo intermedio. La tecnologia è utilizzata anche nel settore agricolo dove, accanto alle coltivazioni tradizionali, stanno prendendo piede piccole aziende che utilizzano già sistemi digitali avanzati per il controllo delle infestazioni oppure i droni per verificare lo stato delle coltivazioni.
    Quante aziende italiane e di che tipo sono coinvoltenella vostra attività?
    Considerando che è soltanto da un paio d’anni – oltretutto quelli della pandemia – che il BDA è stato formalizzato, rendendolo un filone di attività completamente indipendente da quello della formazione, abbiamo avuto finora un buon riscontro. A seconda degli eventi, organizzati insieme a Confindustria e altri player, hanno partecipato in media tra le 50 e le 200 aziende e con una quarantina di imprese italiane abbiamo in essere rapporti mirati a costruire effettivamente delle opportunità specifiche di business.Osservando il panorama delle aziende italiane con cui siamo entrati in contatto abbiamo notato che ci sono numerose imprese di dimensioni piccole o piccolissime che hanno interesse o addirittura hanno già fatto partire delle iniziative all’estero, anche in Africa, che però hanno vincoli dovuti non solo alla dimensione ma anche al fatto che le persone che possono prendere decisioni strategiche o seguire un progetto critico sono pochissime. Una seconda fascia, che a mio avviso è quella con cui si potrebbero costruire le iniziative più interessanti, è costituita dalle aziende di taglio medio – da qualche decina di milioni a svariate centinaia di milioni di euro – perché hanno sia le dimensioni finanziarie che di personale per poter portare avanti determinati progetti, oltre ad essere quelle a cui noi possiamo dare più valore. La presenza di aziende medie o medio grandi permetterebbe di poter portare avanti delle iniziative di maggior respiro che ovviamente non sono alla portata di un’azienda piccolissima da sola, ed è anche questo uno dei motivi per cui pensiamo alla logica delle filiere, in cui un’azienda media o medio grande potrebbe agire da aggregatore di una filiera.
    Progetti futuri in cantiere?
    Grazie alla rete di qualche migliaio di imprenditori africani che si è consolidata nel corso del tempo, riteniamo opportuno ampliare la nostra attività offrendo alle aziende italiane la possibilità di avere un vero e proprio sportello sull’Africa che permetta loro di entrare in contatto con le realtà africane. Quindi, accanto all’offerta di servizi,vogliamo dare loro la possibilità di farsi conoscere e di pubblicizzare la loro attività anche attraverso delle sessioni di informazione sui prodotti. L’idea è di partire con un pilot in Kenya dove vorremmo mettere a disposizione delle aziende italiane una show room transitoria e ospitare i loro dipendenti per un breve periodo accompagnandoli a visitare aziende africane e organizzando per loro degli incontri conoscitivi.
    Micol Mulè

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