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    Il presidente di Saudi National Bank si è dimesso

    Il presidente di Saudi National Bank si è dimesso
    Ammar Al Khudairy, presidente della Saudi National Bank, ha dato le sue “dimissioni” (verosimilmente forzate) dopo le dichiarazioni del 16 marco a Cnbc rispetto a Crédit Suisse, l’istituto di cui la banca saudita era il principale finanziatore e su cui ha perso oltre 1 miliardo in quattro mesi. Ma i profitti derivanti dal rincaro di gas e greggio consentiranno comunque all’Arabia, ultima arrivata nella finanza occidentale, di sviluppare la sua strategia che prevede 300 miliardi di investimenti globali in pochi anni.
    I fondi provenienti dalle nazioni arabe stanno stringendo relazioni sempre maggiore (e considerate pericolose dai più) con l’industria finanziaria in crisi. Ammar Al Khudairy, il presidente della Saudi National Bank, si è dimesso dopo che le sue dichiarazioni alla Cnbc dello scorso 16 marzo hanno pesantemente colpito Crédit Suisse, sulla cui sfortunata scalata la maggiore banca saudita ha perso oltre un miliardo di dollari in soli quattro mesi.
    Il nuovo potere saudita, rappresentato dal principe ereditario Mohammed Bin Salman, ha conferito al regno più ricco del mondo un forte slancio aperturista e sta sfruttando il surplus derivante dalle vendite di greggio e gas a prezzi insperati per affermarsi come nuovo protagonistadella finanza globale. Come accaduto in passato, l’unione di grandi fondi con una buone dose di inesperienza, competenze autoctone e criteri di scelta “politici” porta spesso a minusvalenze. Ma il miliardo di dollari persi per via di Crédit Suisse rappresenta solo un’unghia dell’impero economico saudita, che conta ben 1.300 miliardi di dollari di ricavi addizionali (stima del FMI). Tale è la somma, all’incirca, che le nazioni arabe, il Qatar e pochi altri Paesi produttori si spartiranno entro quattro anni, monetizzando le crisi energetiche. Basti considerare che la sola Saudi Aramco, la maggiore compagnia petrolifera del regno saudita, ha generato un guadagno di 161 miliardi di dollari nel 2022, un record che batte i 110 miliardi del 2021.
    Molti dei media internazionali descrivono il Medio Oriente come un ambiente fitto di procacciatori e di manager provenienti da Europa e Usa in cerca di soci munifici e pazienti. Per costoro, infatti, ogni crisi occidentale è spesso un’opportunità per entrare in un dossier, dietro al quale spesso si cela anche un rapporto geopolitico con un Paese. È quanto accadde dopo l’austerity degli anni ’70, che vide il debutto dei fondi “non anglosassoni” nell’industria europea, come l’Iran su Krupp, il Kuwait fund in Daimler Benz e la libica Lafico in Fiat. Anche in occassione del successivo crollo di Lehman nel 2008, dove erano le banche ad essere a corto di soldi, molti dei fondi mediorientali si accomodarono tra i grandi soci dei maggiori istituti bancari europei e americani.
    Infine dopo la pandemia anche i Paesi arabi hanno cominciato ad arrivare in gran forza sui mercati finanziari globali, prendendo quote sempre maggiori di alcuni colossi occidentali. Fino all’ipotesi avanzata dal Wall Street Journal che il blitz su Credit Suisse sia stato imposto da Bin Salman, contro i dubbi dei banchieri locali, timorosi di perdere comprando il 9,9% dei titoli mentre i correntisti si dileguavano.
    Ora le dimissioni di Al Khudairy “accettate” dalla Saudi National Bank hanno ulteriormente scoperto le carte, per così dire. Il presidente, infatti, parlando a Cnbc il 16 marzo dopo il crac della banca americana Svb, anziché esprimersi con un no comment o temporeggiare, aveva dichiarato che la Saudi National Bank non sarebbe stata aperta a ulteriori investimenti in Credit Suisse se ci fosse stata un’altra richiesta di liquidità aggiuntiva. Il che ha chiaramente contribuito a far preoccupare non poco gli investitori e di conseguenza al fallimento dell’istituto svizzero. Le dimissioni quindi sembrano indicare inequivocabilmente la volontà dei vertici di voltare subito pagina rispetto all’“incidente” delle scorse settimane. Secondo quanto riportato da Bloomberg, Al Khudairy sarà sostituito da Saeed Mohammed Al Ghamdi, mentre il ruolo di Ceo verrà ricoperto da Talal Ahmed Al Khereiji, già vice presidente e responsabile del mercato wholesale.
    Pietro Broccanello

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