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    Turchia verso il voto, Erdogan alza gli stipendi dei dipendenti pubblici

    Turchia verso il voto, Erdogan alza gli stipendi dei dipendenti pubblici
    La Turchia si prepara alle elezioni di domenica 14 maggio, forse le più importanti degli ultimi vent’anni dal momento che una riconferma dell’attuale presidente Recep Tayyip Erdogan non sembra scontata. Erdogan è salito al potere nel lontano 2003 e negli anni il suo governo si è dimostrato progressivamente meno tollerante verso le minoranze, accentrando il potere sotto diversi aspetti. Il Paese sta facendo i conti con un’inflazione che ufficialmente è sopra il 40% ma che secondo alcune analisi indipendenti, potrebbe essere molto più alta. Erdogan, in risposta, ha intrapreso una strategia di politica monetaria non ortodossa, evitando di alzare i tassi di interesse nonostante la corsa dei prezzi, e non si è fatto problemi a licenziare tre governatori della banca centrale in quattro anni.
    Queste scelte hanno contribuito al calo della popolarità di Erdogan la cui era potrebbe avviarsi verso il tramonto. Il presidente in carica, infatti, risulta appaiato nei sondaggi con il principale sfidante, il settantaquattrenne Kemal Kilicdaroglu, a capo di una coalizione di sei partiti molto diversi tra loro che comprende liberali, socialdemocratici e nazionalisti. Tra i propositi della principale forza di opposizione, c’è l’obiettivo di riportare il Paese sulla via dello stato di diritto, allontanando la Turchia dalla tendenza autoritaria dell’ultimo ventennio.
    Per assicurarsi un vantaggio a pochi giorni dal voto, Erdogan ha deciso di alzare del 45% gli stipendi dei dipendenti pubblici, una misura che coinvolgerà circa 700.000 persone. Nel complesso, i candidati competono per 600 posti in parlamento. È probabile che la sfida elettorale approderà al ballottaggio: il secondo turno dovrebbe tenersi il 28 maggio, due settimane dopo il voto. Nell’anno del centenario della fondazione della Repubblica di Turchia, Erdogan ha annunciato che dopo le elezioni solleverà la questione di una nuova Costituzione, mostrando così sicurezza sull’esito delle elezioni.

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