BCE, arrivano altri due rialzi nel difficile gioco dei tassi
Nessuno stop: gli analisti stavolta non ci avevano visto bene. A luglio e settembre previsti altri due rialzi, e con il patto di stabilità sospeso tutto resta nel limbo.
Dietrofront rispetto a quanto ci eravamo detti. La Banca centrale europea dovrebbe aumentare ancora il costo ufficiale del credito di 25 punti base. Secondo gli analisti, infatti, il tasso di riferimentodovrebbe arrivare al 4%, che comunque è un livello storicamente non altissimo, ma che comunque dovrà far digerire a tutti un doppio rialzo (probabilmente un primo a luglio ed un secondo a settembre). Stando al bollettino rilasciato dalla BCE, infatti, le aspettative di inflazione a un anno puntano al 2,2%, un dato che da solo è giustifica la misura, in considerazione anche del fatto che le aspettative dei consumatori puntano ben più in alto, al 2,9% per il 2026, benché i tassi reali nella parte a breve della curva siano vicini all’1,8%.
Gli analisti avevano sostanzialmente confermato, solo alcuni mesi fa, che in Eurozona non fossero previsti rialzi, e ad oggi pensano ancora che i tagli arriveranno in tempi relativamente rapidi. A questo, va comunque detto che i rendimenti stanno continuando a salire, mentre l’inversione delle medie scadenze potrebbe essere un’indicazione delle attese di rallentamento dell’economia, o anche dei prematuri tagli dei tassi.
Nonostante l’Euro abbia ripreso a perdere terreno, il costo del credito è salito rapidamente, pur rimanendo lontano dai massimi storici. In Italia i tassi continuano a risalire rapidamente, e sono ormai ai livelli di quelli della Germania, in recessione tecnica da mesi.
A complicare le cose, infine, c’è il confronto tra “falchi” e “colombe” sul tema della politica fiscale e sugli incentivi e i disincentivi che la politica monetaria può mandare ai governi.
Basti pensare al fatto che con il patto di stabilità ancora sospesotutto rimane in un limbo, nel complesso tema riguardante i tassi: più alti saranno e più potranno spingere i governi a fermarsi, così come ad accelerare le spese pubbliche a sostegno della domanda, con il rischio di generare futuri disavanzi primari e prolungare per questa via l’agonia dell’alta inflazione.
Andrea Valsecchi