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    Governo: stop a interpretazioni arbitrarie sul concetto di mafiosità

    Governo: stop a interpretazioni arbitrarie sul concetto di mafiosità
    Il tema del concorso esterno in associazione mafiosa fa discutere da tempo, ed ora, il Governo Meloni sembra intenzionato a porre fine all’abuso della magistratura sul tema, stante le interpretazioni sempre più estensive e talvolta arbitrarie, che hanno visto ricomprendere nel perimetro anche le fattispecie più disparate, fino, all’opposto, ad escludere dal novero della disposizione, altre condotte che la ratio del legislatore avrebbe viceversa voluto sussumere alla norma, come accaduto in una recente sentenza della Cassazione.
    In un decreto di legge di prossima approvazione, infatti, l’Esecutivo vorrebbe inserire una norma di interpretazione autentica che chiarisca una volta per tutte cosa debba intendersi per “reati di criminalità organizzata”. E questo per evitare che gravi reati restino impuniti e dei processi siano messi a rischio per effetto della sentenza 34.895 del 2022. Alcuni passaggi della sentenza, infatti, per Giorgia Meloni e il Ministro Nordio potrebbero dare vita ad una serie di ricadute pesanti per il sistema interno e per la pubblica sicurezza, se la giurisprudenza dovesse conformarsi a questa interpretazione.
    La Cassazione, infatti, ha affermato che possono «farsi rientrare nella nozione di delitti di “criminalità organizzata” solo fattispecie criminose associative, comuni e non, con la conseguenza che devono escludersi dal regime per essi previsti i reati di per sé non associativi, come un omicidio, per quanto commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis del Codice penale ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dal suddetto articolo».
    Ad avviso della premier «in altre parole un omicidio commesso avvalendosi di modalità mafiose o commesso al fine di agevolare un’associazione criminale non sarebbe un delitto di criminalità organizzata, secondo la Cassazione. La sentenza ha ad oggetto il regime delle intercettazioni ambientali, ma afferma principi di carattere generale. E principi del genere – sottolinea Giorgia Meloni – si prestano a provocare ricadute molto pesanti per il nostro sistema e per la pubblica sicurezza».
    «Il nostro sistema giudiziario penale prevede una distinzione tra reati di criminalità organizzata e altri reati. Per i reati di criminalità organizzata – spiega Meloni – è consentito un uso più esteso e incisivo degli strumenti di indagine, considerata la difficoltà di rintracciarne le prove. È inoltre previsto un maggior rigore nella concessione dei benefici penitenziari, considerata la loro pericolosità e pervasività sociale».
    Quella del marzo ‘22 è solo l’ultima di una serie di pronunce che hanno portato alla conclusione raggiunta. «Orbene, all’esito dell’analisi del complesso e variegato panorama offerto dalla giurisprudenza e dalla dottrina circa la nozione di “criminalità organizzata” – scrivono infatti i giudici di legittimità del Supremo consesso nella sentenza 34.895 – si ritiene di dover confermare quella precisata con la richiamata decisione delle Sezioni Unite, perché consente di cogliere l’essenza di un delitto di “criminalità organizzata” e nel contempo di ricomprendere tutti i suoi molteplici aspetti, nell’ottica riconducibile alla ratio che ha ispirato gli interventi del legislatore in materia, tesi a contrastare nel modo più efficace quei reati che – per la struttura organizzativa che presuppongono e per le finalità perseguite – costituiscono fenomeni di elevata pericolosità sociale. Principio confermato ancora di recente dalle Sezioni Unite, le quali hanno affermato che per procedimento di criminalità organizzata deve intendersi «quello che ha ad oggetto una qualsiasi fattispecie caratterizzata da una stabile organizzazione programmaticamente orientata alla commissione di più reati».
    La Corte, infatti, ha citato in quell’occasione le Sezioni unite Scurato, che in linea con i principi della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e con la normativa sovranazionale, affermava che «per reati di criminalità organizzata devono intendersi non solo quelli elencati nell’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, ma anche quelli comunque facenti capo a un’associazione per delinquere, ex articolo 416 del Codice penale, correlata alle attività criminose più diverse, con esclusione del mero concorso di persone nel reato».
    L’auspicio è quindi quello che si possa circoscrivere la portata generica della norma, così da definire finalmente l’ambito di applicazione del concetto di mafiosità, sperando che le vie interpretative si plachino definitivamente.
    Andrea Valsecchi

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