Addio a Henry Kissinger: l’uomo della Realpolitik del Novecento si è spento a 100 anni
Henry Kissinger è morto a 100 anni. Il nome forse più famoso della diplomazia del 1900 si è spento questa settimana nella sua casa in Connecticut. Fuggito dalla Germania nazista prima che la situazione si incendiasse, diventato professore ad Harvard e consigliere di diversi presidenti americani, fece carriera politica come Consigliere per la sicurezza nazionale fino a raggiungere la posizione di Segretario di Stato statunitense con Richard Nixon e Gerald Ford. Kissinger ha attraversato da protagonista la storia politica del secolo scorso, alimentando miti e controversie: dalla fine della guerra in Vietnam che gli valse un Nobel ai bombardamenti in Cambogia, dal colpo di Stato di Pinochet in Cile al ruolo di mediatore tra Israele ed Egitto dopo la guerra dello Yom Kippur fino a quella che in molto considerano la sua eredità più importante: l’apertura degli Usa alla Cina.
Celebri sono i viaggi segreti di Kissinger a Pechino quando tra la Cina comunista di Mao Zedong e gli Stati Uniti non c’erano relazioni diplomatiche. Una mossa, quella verso oriente, finalizzata anche a sbilanciare i rapporti dentro il blocco comunista dominato dall’Unione Sovietica. Kissinger, infatti, è considerato uno dei principali esponenti della Realpolitik nelle relazioni internazionali, dove la valutazione dei rapporti di forza costituisce un principio cardine nell’azione degli statisti. “Le discussioni soltanto di rado conducono di per sè a soluzioni; solamente un equilibrio di incentivi e di minacce può dar luogo a progressi” ha scritto Kissinger nella sua opera “Gli anni alla Casa Bianca”.
Nella sua rubrica internazionale si trova anche il nome di Gianni Agnelli, con cui Kissinger aveva uno stretto rapporto di amicizia e confidenza. Dalle corse in macchina, alle partite della Juventus fino alle puntata a San Moritz, lo stesso Kissinger ha ammesso che durante gli ultimi vent’anni di vita dell’Avvocato, nessuno gli è stato più vicino dello stesso Agnelli, definito dall’ex Segretario di Stato Usa “un uomo del Rinascimento”. Un’intesa sugellata anche dal comune sentire riguardo a Europa e Stati Uniti in quanto entrambi furono convinti sostenitori non solo dell’unità europea durante la Guerra Fredda ma anche del partenariato atlantico.