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    I giovani italiani andranno in pensione a 71 anni

    I giovani italiani andranno in pensione a 71 anni
    Gli italiani dovranno aspettare fino ai 71 anni per poter andare in pensione. È quanto emerso dal rapporto dell’Ocse intitolato “Pensions at a glance“. Questa prospettiva fa dell’Italia il secondo Paese con l’età pensionabile più alta, secondo solo alla Danimarca. Attualmente l’età pensionabile legale in Italia è di 67 anni, anche se il Paese offre ampi incentivi per il pensionamento anticipato e spesso senza penalità significative. Ma le previsioni per il futuro vanno verso l’aumento dell’età minima necessaria per il pensionamento.
    Secondo il rapporto, per coloro che iniziano a lavorare in questo momento, l’età pensionabile normale sarà di 70 anni nei Paesi Bassi e in Svezia, 71 anni in Estonia e Italia e addirittura 74 anni in Danimarca. L’età media di pensionamento in Italia è attualmente di circa 65 anni, in linea con la media Ocse di 64,1 anni, ma per coloro che entrano nel mercato del lavoro ora l’età media di pensionamento supererà di circa quattro anni la media Ocse, a meno che non siano introdotte nuove normative che consentano una pensione anticipata. L’Italia è uno dei nove paesi Ocse che collegano l’età pensionabile alla speranza di vita, unaconnessione non strettamente necessaria in un sistema pensionistico basato sui contributi, ma che mira a evitare che le persone si ritirino troppo presto con pensioni insufficienti e a promuovere l’occupazione.
    Gli Stati dell’Ocse con le percentuali di occupazione più basse nella fascia di età compresa tra i 60 e i 64 anni sono la Francia, la Grecia e l’Italia. Nel caso dell’Italia le possibilità di andare in pensione prima dell’età pensionabile prevista dalla legge sono molto vantaggiose, anche se i benefici pensionistici a età relativamente giovani nel sistema delle “Quote” contribuisce alla seconda più alta spesa pubblica per le pensioni tra i Paesi dell’Ocse, pari al 16,3% del Pil nel 2021. Nonostante l’aliquota contributiva sia molto elevata, le entrate derivanti dai contributi pensionistici rappresentano solo circa l’11% del Pil e richiedono un sostanziale finanziamento tramite la fiscalità generale.
    Per i giovani che iniziano a lavorare intorno ai 22 anni, invece, si prevede che a causa dell’aumento dell’aspettativa di vita l’età pensionabile sia di 71 anni. Di contro, si stima che l’importo della pensione rispetto allo stipendio al momento del ritiro sarà di circa l’83%, a fronte della media Ocse del 61%. I Paesi con tassi di contribuzione più elevati spesso offrono prestazioni pensionistiche superiori alla media internazionale, come nel caso della Francia e dell’Italia, tuttavia livelli di contribuzione più elevati rischiano didanneggiare la competitività economica e ridurre l’occupazione complessiva.
    Secondo il rapporto dell’Ocse, infine, nel 2025 la spesa per le pensioni in Italia rappresenterà il 16,2% del Pil, ovvero la percentuale più alta tra i vari Paesi, mentre la Francia sarà al secondo posto con il 15,4%. La media complessiva per il 2025 è stimata al 9,3%, con l’Unione Europea che viaggia circa un punto percentuale sotto il livello globale. Anche se si tratta chiaramente di stime che potranno variare in base alle politiche economiche e pensionistiche che potranno essere messe in atto da qui ai prossimi anni.
    Pietro Broccanello

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