Come cambia il mercato del lavoro nella Città metropolitana di Milano?
Presentato a Palazzo Isimbardi il report annuale dell’Osservatorio del mercato del lavoro dell’ente di area vasta. Analizzati i dati su assunzioni, cessazioni, tasso di occupazione e contrattazione collettiva dal gennaio 2022 al primo semestre 2023. Si va verso una normalizzazione del mercato dopo lo shock della pandemia.
Riflettori accesi sull’andamento del mercato del lavoro nella Città metropolitana di Milano. È stato presentato a Palazzo Isimbardi, nell’ambito del Tavolo metropolitano per i servizi all’impiego e le politiche attive del lavoro, il report annuale 2023 condotto dall’Osservatorio del mercato del lavoro, un’indagine che ha preso in esame i dati relativi al periodo compreso tra gennaio 2022 e giugno 2023 su assunzioni, cessazioni, tasso di occupazione e contrattazione collettiva.
Sotto la lente di ingrandimento i primi risultati operativi dell’Osservatorio regionale, nato dalla convenzione del febbraio 2023 tra la Città metropolitana di Milano, le Province lombarde e Regione Lombardia. Secondo i dati illustrati, a partire dalla seconda metà del 2022 si assiste ad un rallentamento degli avviamenti al lavoro ma anche delle cessazioni, e un’analoga tendenza per le proroghe e le trasformazioni a tempo indeterminato. Dati che dimostrerebbero una normalizzazione del mercato dopo lo stravolgimento dovuto alla pandemia. Sebbene nel primo semestre 2023 si registri un -1,5% di avviamenti al lavoro e un -0,9% di cessazioni, la tendenza di fondo mostra in realtà una stabilizzazione dei volumi dei flussi occupazionali ed una crescita del numero complessivo degli occupati. Le posizioni lavorative, infatti, presentano un saldo positivo che sale a 51.420 nel 2022 e 48.615 nei primi sei mesi del 2023. Significativo è il traino dei contratti a tempo indeterminato, sostenuti in particolare dalle stabilizzazioni degli impieghi a termine o dalla conferma dei rapporti di apprendistato. Dati che trovano conferma sia nelle stime ISTAT per il secondo semestre 2023, dove si evidenzia un’avanzata pari al +1,7% del numero di occupati (+3,0% se si considera la componete a tempo indeterminato), sia nei dati INPS che certificano la tendenza registrando complessivamente un +2,2% nel primo semestre 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022.
Focus anche su un tema caldo, ovvero l’impiego e la diffusione dei contratti collettivi nazionali non siglati dai sindacati confederali CGIL, CISL e UIL, esaminando gli avviamenti al lavoro nel periodo compreso dal 2015 al 2022 (datori di lavoro privati e forme contrattuali normate in tutti i CCNL). Dal report emerge che 229 sono sottoscritti da Cgil Cisl e Uil e 950 da sindacati non confederali, mentre sono 824 quelli firmati da almeno una organizzazione datoriale o sindacale rappresentata al CNEL. Guardando ai 318.655 avviamenti del periodo preso in esame, l’adozione dei CCNL “non confederali” risulta marginale (2,6%), ma la maggior parte di questi (79,4%) si concentra nel quadriennio 2019-2022 con un incremento che sfiora il 5% nel solo 2022. La loro espansione riguarda soprattutto mansioni a minore specializzazione e con elevata sostituibilità, con una maggiore incidenza nelle cooperative e nell’impiego part time nel settore dei servizi alle imprese e del commercio e logistica. Il rapporto evidenzia una grande frammentazione ed eterogeneità degli attori, sia datoriali sia sindacali, coinvolti nella sottoscrizione di questi contratti.
Dati incoraggianti secondo Diana De Marchi, consigliera delegata alle Politiche del lavoro, politiche sociali e pari opportunità della Città metropolitana di Milano: “La diffusione dei contratti collettivi nazionali è un importante indicatore dello stato di salute dell’economia locale – sottolinea -. La maggior parte delle aziende con sede nel territorio metropolitano applica i contratti collettivi nazionali siglati dai sindacati confederali. Questo dimostra che le imprese milanesi riconoscono come un valore la salvaguardia delle condizioni di lavoro dei propri dipendenti, anche a fronte dell’opportunità di facili risparmi sul fronte salariale”.