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    Smart working in Italia, possibilità di usufruirne quasi ai livelli pre-covid

    In Italia la possibilità estesa a diverse categorie di lavoratori di svolgere le loro mansioni da remoto sembra essere un lontano ricordo.

    Secondo Eurostat, il nostro paese sarebbe tra i peggiori in Europa per numero di lavoratori che hanno la possibilità di lavorare almeno per metà del loro monte ore da remoto. Questo è un comfort di cui solamente il 4,4% dei lavoratori e delle lavoratrici ha usufruito nel 2023, a fronte di una media Ue che si attesta al 9%.

    In generale in Italia la fiducia riposta nel lavoro da casa è sempre stata nettamente inferiore rispetto ad altri paesi, dove il primato è detenuto dalla Finlandia con il 22,4% dei lavoratori che, per più della metà della settimana, possono svolgere le loro mansioni da casa.

    Ormai i livelli hanno raggiunto quelli pre-pandemia, soprattutto a causa della modifica alla normativa. Oggi lo smart working, perse le molteplici semplificazioni previste per alcune categorie di soggetti, continua ad essere regolato dalla legge 81/2017 e, dall’essere un diritto per il lavoratore, è diventato una mera modalità di esecuzione del proprio lavoro, da concordare individualmente con il datore di lavoro.

    Eppure lo smart working ha delle ricadute positive non solo sul benessere psicofisico del lavoratore, ma anche sull’ambiente.

    Innanzitutto, migliora l’equilibrio tra vita professionale e vita privata del dipendente, che a sua volta spenderà meno risorse in termini di tempo e denaro per effettuare gli spostamenti casa-ufficio. Dall’altro lato però i lavoratori che usufruirebbero dello smart working, vedrebbero aumentare la spesa per le bollette, sia per il consumo di corrente elettrica che di gas.

    Per le aziende invece conviene perché per ogni dipendente potrebbe risparmiare 2,5 mila euro all’anno per la riduzione degli spazi aziendali.

    Inoltre, se ogni dipendente lavorasse da casa almeno due giorni a settimana, si stima che vi sarebbe una diminuzione di 480 kg di CO2 all’anno e, secondo Enea, anche una riduzione dei livelli di ossidi di azoto, monossido di carbonio, PM10 e PM2,5.

     

     

    Emma Delfrate

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