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    Ue, Dazi fino al 48% sulle auto elettriche cinesi

    A partire dal 4 luglio, salvo un accordo diverso tra le parti, saranno introdotti nuovi dazi all’importazione di auto elettriche cinesi. Il motivo? Concorrenza sleale.

    Le indagini della Commissione che hanno avuto inizio lo scorso anno e hanno coinvolto anche le  autorità di Pechino, avevano l’obiettivo di indagare l’esistenza di sussidi pubblici destinati ai produttori cinesi, analizzando le ricadute sugli importatori, sui consumatori e sugli utenti. Questi sussidi falserebbero la concorrenza con le industrie produttrici occidentali e da qui la decisione di introdurre tariffe aggiuntive rispetto a quelle già esistenti del 10%, variabili da casa a casa: BYD 17,4%; Geely 20%; e SAIC 38,1%.

    La Cina è infatti il principale esportatore di auto elettriche e in Europa, stando alle stime del Peterson Institute for International Economics, dal 2020 al 2023 si è passati dalla vendita di 57.000 unità a circa 437.000; con un aumento dei flussi nello stesso periodo, secondo invece Rhodium Group, da 1,6 miliardi a 11,5 miliardi di dollari.

    La misura avrà immediatamente efficacia, ma sarà provvisoria poiché dovrà essere ratificata dagli stati membri entro novembre. Al momento però la decisione sembra non essere stata accettata all’unanimità. Tra i paesi a favore vi sarebbero la Francia, la Spagna e l’Italia, che guarderebbero con favore la costruzione di industrie produttrici cinesi in Europa; mentre tra quelli scettici si ritrovano l’Ungheria, dove aprirà la prima fabbrica Byd; la Svezia, sede della Volvo, e la Germania, il cui mercato cinese vale un terzo delle esportazioni di Bmw, Mercedes e Volkswagen.

    Confrontando i valori dei dazi di altri stati, come gli Stati Uniti (che in totale raggiungono il 102,50%), quelli decisi dall’Unione Europa non sembrano essere altissimi, sinonimo della volontà dell’Ue di non penalizzare il mercato europeo in Cina.

    Tuttavia, sebbene alcuni paesi come la Germania, abbiano già tentato un dialogo con la Cina per evitare ritorsioni commerciali, la risposta di Pechino non è tardata.

    Nel mirino di possibili ritorsioni ci sarebbero i settori dell’agricoltura e dell’aviazione europee. Per Pechino infatti le misure sarebbero «prive di fondamento fattuale e giuridico» commenta il portavoce del ministro degli esteri cinese Lin Jian. «Esortiamo l’Ue a rispettare il suo impegno a sostenere il libero scambio, a opporsi al protezionismo e a collaborare con la Cina per salvaguardare la cooperazione economica e commerciale complessiva bilaterale» aggiunge.

     

    Emma Delfrate

     

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