La spesa pubblica, che negli anni ha continuato a crescere, rischia di obbligare l’Italia a dover sopportare un rincaro delle imposte e una diminuzione degli aiuti.
La questione ora è in mano europea: la Commissione il 19 giugno dovrebbe notificare all’Italia la procedura per deficit eccessivo. Insieme al nostro paese sono altri dieci stati dell’Ue (tra cui Spagna, Francia e Belgio) che non rispettano i nuovi parametri del Patto di stabilità, tornato in vigore dopo quattro anni di stop. I nuovi parametri impongono che il rapporto debito/PIL non superi il 60%. Il nostro paese attualmente ha un rapporto debito/PIL pari al 137,8%.
Per ora si tratterebbe solo di un’ipotesi, ma la correzione al bilancio che potrebbe essere richiesta si aggirerebbe allo 0,5% del PIL su 7 anni corrispondente a circa 10 miliardi l’anno. Una volta ricevuta la notifica, in cui verranno date indicazioni per abbassare il debito, seguirà una trattativa per decidere con precisione il quantitativo di denaro da recuperare.
Tra le misure a rischio, in scadenza a fine anno, ci sarebbero il taglio dell’Irpef, sconto sulle assunzioni, Carta Dedicata a Te e decontribuzione mamme lavoratrici e dipendenti. Provvedimenti che tutti insieme valgono 19 miliardi e che potrebbero essere soggetti a revisione a fronte della richiesta di taglio del debito. Tra le altre possibili opzioni, lo Stato potrebbe decidere di aumentare le imposte, ad esempio alzando il costo delle accise, riducendo le agevolazioni in sede di dichiarazione dei redditi e aumentando il costo di alcuni servizi, come la scuola e la sanità.
Inoltre, se anche il taglio al cuneo fiscale non venisse confermato, un lavoratore con un reddito medio annuale pari a 25mila euro si ritroverebbe in busta paga fino a 100 euro in meno.
Anche la riforma del sistema pensionistico potrebbe essere a rischio e la promessa di poter accedere prima alla pensione potrebbe venir meno.
Emma Delfrate