Il rapporto pubblicato dal Sistema Informativo Excelsior – realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali analizza le previsioni sui fabbisogni occupazionali e formativi in Italia per il quinquennio 2024-2028.
Tale aggiornamento si è reso necessario in virtù dei cambiamenti intervenuti nel contesto nazionale e internazionale di questi anni: il rientro delle tensioni sui prezzi delle materie prime, la situazione post-pandemica e la riduzione della tensione inflazionistica.
Il grado di indeterminatezza nel formulare gli scenari evolutivi dell’economia per i prossimi anni si mantiene senz’altro elevato, a causa della velocità con cui avvengono i cambiamenti; non soltanto a livello macroeconomico, ma anche nell’ambito dei nazionali distretti produttivi e delle evoluzioni in termini tecnologici e di sostenibilità.
Nonostante l’attuale incertezza e i futuri cambiamenti imprevedibili, è essenziale cercare di indagare quali saranno le tendenze del mercato del lavoro per la pianificazione della formazione e per l’orientamento scolastico, universitario e professionale.
Si stima che dal 2024 al 2028 il mercato del lavoro italiano potrà avere bisogno nel complesso di 3,4 – 3,9 milioni di occupati a seconda dello scenario considerato, ovvero una media di 685-770mila lavoratori all’anno. I lavoratori dipendenti nel settore privato contribuiranno significativamente al fabbisogno, rappresentando il 60% del totale (media dei due scenari). I dipendenti pubblici avranno un’incidenza del 23%, mentre gli indipendenti copriranno il 17%. Poco meno di tre quarti della domanda deriverà dai settori dei servizi, inclusa la pubblica amministrazione, con un fabbisogno stimato tra circa 2,6 e 2,9 milioni di unità tra il 2024 e il 2028. Nei settori industriali, la richiesta varierà tra 793mila e poco più di 900mila di unità, rappresentando circa il 23% del totale.
Esaminando il dettaglio dei dati per le filiere settoriali, emerge in primo luogo il fabbisogno elevato della filiera “commercio e turismo”, con una previsione compresa tra 620mila e 713mila unità (circa il 18% del fabbisogno complessivo). Altre quattro filiere esprimeranno fabbisogni occupazionali rilevanti nel quinquennio: la filiera degli “altri servizi pubblici e privati” (534-563mila unità), che comprendono i servizi operativi di supporto alle imprese e alle persone e la PA in senso stretto, quella della “salute” (431-456mila unità), quella della “finanza e consulenza” (378-454mila unità), sostenuta prevalentemente dalle attività legate ai servizi avanzati, e quella della “formazione e cultura” (397-445mila unità).
La maggior parte del fabbisogno sarà determinata dalle necessità di sostituzione dei lavoratori in uscita dal mercato del lavoro (pari al 78% nello scenario positivo e all’88% in quello negativo), mentre lo stock occupazionale potrebbe crescere nel quinquennio da un minimo di 405mila unità nello scenario negativo fino a un massimo di 832mila di occupati in un contesto più favorevole.
Sulle previsioni incide soprattutto l’effetto positivo atteso dall’utilizzo delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che nel caso di piena realizzazione degli investimenti si stima possa valere l’attivazione di circa 970mila occupati nel complesso, considerando sia gli effetti diretti che quelli indiretti e sull’indotto. Le filiere maggiormente beneficiate dovrebbero essere “finanza e consulenza”, “commercio e turismo”, “formazione e cultura”, “costruzioni e infrastrutture” e “altri servizi pubblici e privati”.
Dal punto di vista territoriale, le ripartizioni del Sud e Isole e del Nord-Ovest dovrebbero concentrare le quote maggiori del fabbisogno di 3,9 milioni di occupati nello scenario positivo, ciascuna con quasi il 29% della domanda totale, seguite dal Nord-Est (21,7%) e dal Centro Italia (21,1%).
I macro-trend legati alla sostenibilità e alla trasformazione digitale continueranno a influenzare la domanda di personale: si stima nello scenario più favorevole che tra il 2024 e il 2028 sarà richiesto il possesso di competenze green con importanza almeno intermedia a oltre 2,4 milioni di lavoratori (quasi due terzi del fabbisogno quinquennale) e competenze digitali a più di 2,2 milioni di occupati (pari al 59% del fabbisogno totale).
Riguardo al ruolo dell’IA nelle imprese, il 76,8 affiancheranno queste tecnologie al personale esistente nei propri compiti, migliorandone l’efficienza e per il 67,3% aumenteranno la produttività anche in considerazione della riduzione dei costi del personale.
Quindi, considerando il trend demografico, l’IA potrebbe essere utilizzata per far fronte al difficile ricambio generazionale, riducendo i costi del mismatch e aumentando la produttività. Inoltre, potrebbe essere determinante per potenziare i processi di reskilling e upskilling dei lavoratori, ai quali serviranno competenze sempre più qualificate, e nel favorire la creatività dei lavoratori migliorandone l’efficienza.
Gloria Giovanditti