L’Italia è attualmente immersa in una crisi demografica significativa, caratterizzata da un forte calo della natalità. Come era già stato stimato nel rapporto “Society at a Glance 2024” dell’OCSE, a giugno di quest’anno, il tasso di fecondità totale (TFT) in Italia rimane tra i più bassi a livello globale, con un valore di 1,2 figli per donna. A fronte della sfida cruciale del calo della natalità, Il governo Meloni attualmente impegnato nella preparazione della manovra economica, che verrà parzialmente presentata nel Piano Strutturale di Bilancio, riconfermerà tra le priorità dell’attuale esecutivo il tema del sostegno alle famiglie.
Recentemente, infatti, anche il progetto del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha attirato attenzione mediatica per la sua proposta di riformare le detrazioni fiscali nel nostro Paese. Il piano prevede un cambiamento significativo: indipendentemente dal reddito, le famiglie con più figli a carico avrebbero la possibilità di ridurre la loro tassazione. Questo potrebbe comportare l’eliminazione o la revisione di alcune detrazioni fiscali attualmente disponibili per chi non ha figli, con l’obiettivo di aumentare il supporto fiscale per le famiglie numerose.
Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha confermato il progetto ribadendo che il governo intende migliorare le detrazioni per la famiglia. Tra le opzioni considerate ci sono il potenziamento dell’assegno unico e l’introduzione di detrazioni specifiche per i figli. Attualmente, le detrazioni per i figli sono applicabili solo dopo i 21 anni, una situazione che il governo sembra intenzionato a rivedere.
A partire da queste tematiche che il Financial Times ha recentemente realizzato un’analisi comparativa per esaminare l’impatto degli investimenti pubblici a favore delle famiglie sui tassi di natalità in diversi paesi. Il confronto ha messo a confronto nazioni che hanno investito significativamente nel supporto alle famiglie, come la Finlandia e la Francia, con paesi che hanno dedicato meno risorse a questo settore, come Italia e Spagna.
Innanzitutto, a partire da questa analisi si evidenzia che Finlandia e Francia sono esempi di paesi che hanno implementato ampie politiche di sostegno per le famiglie. La Francia, in particolare, è nota per il suo sistema di sussidi e agevolazioni fiscali robusto, progettato per incentivare la natalità e supportare le famiglie con più figli. Così come la Finlandia che ha adottato politiche simili, con un forte sistema di welfare che include congedi parentali estesi, assistenza per la cura dei bambini e un sistema educativo che supporta le famiglie. Nonostante questi sforzi, anche la Finlandia ha visto un calo della natalità, sebbene il declino sia stato meno pronunciato rispetto ad altri paesi europei.
Italia e Spagna, al contrario, hanno storicamente dedicato meno risorse al supporto delle famiglie. Le politiche di sostegno in questi paesi sono state più limitate e meno sistematiche rispetto a quelle di Francia e Finlandia. In Italia, le detrazioni fiscali per le famiglie sono state spesso considerate insufficienti e non sempre ben mirate, mentre in Spagna il supporto alle famiglie è stato limitato da vincoli di bilancio e priorità economiche diverse.
Nello specifico della situazione italiana, secondo le fonti ISTAT, la curva che rappresenta il calo demografico è continuata a scendere dal 1964 fino a raggiungere il suo minimo dato storico nel 2023 con 379mila nascite. Un dato trainato da un altro numero, ossia il calo del numero delle donne in età riproduttiva; da 13,8 milioni nel 2008 a 11,5 milioni nel 2024, una tendenza che sarà difficile da invertire.
Tuttavia, secondo i dati Eurostat in questo sfondo va inserito un ulteriore confronto; il numero medio di figli per donna e il tasso di occupazione femminile. Infatti, il rapporto mostra come nei Paesi dove il tasso di occupazione femminile è maggiore si individuano i tassi di fecondità più alti e quindi nei Paesi dove le donne lavorano di più spesso si fanno anche più figli. Sottolineare questa tendenza è fondamentale perché dimostra da un lato che la credenza secondo cui nei luoghi abitati da donne disoccupate si fanno più figli è errata, e dall’altro suggerisce che il problema potrebbe andare oltre la semplice disponibilità di aiuti economici, riflettendo questioni più profonde come cambiamenti culturali e dinamiche del mercato del lavoro.
In sintesi, sebbene gli aiuti economici siano un elemento importante, non rappresentano una soluzione definitiva al problema della bassa natalità. Una comprensione più profonda delle dinamiche sociali, economiche e culturali è essenziale per sviluppare politiche efficaci che possano realmente invertire il trend demografico.
Gloria Giovanditti