Già da diverso tempo si vociferava di una possibile parziale privatizzazione di Poste Italiane. Il lavoro sul Dpcm era infatti iniziato intorno a marzo, quando già una prima bozza aveva iniziato a circolare, causando non poche polemiche.
La decisione finale, però, è stata presa il 17 settembre 2024 durante il Consiglio dei ministri presieduto dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La decisione arriva su proposta del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti di un’alienazione di una quota della partecipazione nella società detenuta dal Mef.
Lo Stato detiene attualmente il 64% di Poste dove un 29,26% è in capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze e il 35% è in capo invece alla Cassa Depositi e Prestiti. Dal governo assicurano che lo Stato italiano manterrà comunque una quota di partecipazione superiore al 50%.
La privatizzazione era già stata avviata da Matteo Renzi nel 2015 e rientra nel piano di privatizzazioni da 20 miliardi in tre anni annunciato con la scorsa legge di Bilancio.
Come accennato, diverse sono state le polemiche alla possibile notizia di un’ulteriore privatizzazione. Polemiche a cui il ministro Giorgetti aveva sempre risposto assicurando che una nuova cessione di Poste non avrebbe portato la quota pubblica sotto il 51%, così come è anche riportato nello stato dell’azienda che «prevede che nessun soggetto diverso dal Mef, da enti pubblici o da soggetti da questi controllati, può detenere una quota superiore al 5 per cento del capitale della società».
Anche la premier, già a maggio scorso, aveva assicurato «Non c’è alcuna possibilità al mondo che Poste sia privatizzata. Quello su cui si può ragionare […] è che avendo lo Stato il 64,26% di Poste, e dando per scontato che lo Stato deve mantenere la proprietà, per le quote in eccedenza c’è la possibilità di metterle sul mercato».
Infatti, per mantenere il 51% di quota, lo Stato italiano potrebbe cedere al massimo il 13,26% della propria quota.
Poste Italiane rimarrà quindi sotto il controllo pubblico, sul modello di aziende come Enel, Eni e Leonardo.
L’operazione di vendita, che consentirebbe al governo di incassare poco più di 2,3 miliardi di euro, potrebbe partire nella seconda metà di ottobre e dovrebbe trattarsi di un’offerta pubblica di vendita rivolta sia a investitori istituzionali, sia a risparmiatori e dipendenti.