Dal report recentemente pubblicato dalla Corporate Tax Haven Index, è emerso che due terzi degli abusi fiscali che vengono compiuti ogni anno nel mondo sono perpetrati da multinazionali che trasferiscono i loro profitti all’estero.
Il resto delle violazioni, viceversa, è causato da coloro che nascondono le loro finanze offshore.
“Nel corso di un anno, i nostri governi potrebbero perdere circa mezzo trilione di dollari a causa dei paradisi fiscali”, con grandi quantità di “denaro pubblico che potrebbe essere destinato a ospedali, scuole e, più in generale, ad un futuro migliore per miliardi di persone” hanno spiegato dal CTHI.
Ma quali sono i paradisi fiscali più scelti per l’elusione del fisco?
Cinque dei primi dieci paradisi fiscali più utilizzati dalle multinazionali si trovano proprio in Europa, e sono Svizzera, Olanda, Jersey (l’isola più grande del Canale della Manica, tra il Regno Unito e la Francia), Irlanda e Lussemburgo.
Sul podio, a livello mondiale, restano però le Isole vergini britanniche, seguite dalle Isole Cayman e dalle Bermuda. La Svizzera è accreditata del quarto posto, a parità di punteggio con Singapore, seguita da Hong Kong. Olanda, Jersey, Irlanda e Lussemburgo chiudono la top ten globale.
Il nostro Paese non brilla certo – si sa – di bontà sul tema della pressione fiscale, aggiudicandosi la 29ma posizione, in linea con Paesi del calibro di Belgio, Ungheria, Germania, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Messico, Panama.
Al di là delle classifiche, però, è emerso un dato significativo che rileva come dai primi dieci paesi passi ben il 44,6% degli investimenti esteri diretti effettuati dalle multinazionali in tutti i Paesi coinvolti dal rapporto. Dunque, praticamente la metà degli investimenti delle grandi multinazionali transita dai primi dieci paradisi fiscali del globo.
Peraltro, va precisato come i primi tre Paesi in classifica (Isole vergini britanniche, Cayman e Bermuda) detengono gli indicatori peggiori in assoluto in tema di pressione fiscale, con i primi due che addirittura non impongono imposte sulle imprese, mentre le Bermuda contemplano una versione definibile “light” dell’imposta sul reddito che si applica solo alle società che fanno parte di un gruppo multinazionale con almeno 750 milioni di euro di fatturato consolidato.
Andrea Valsecchi