La Cina è tornata ad alzare i toni su Taiwan. In realtà, Pechino non li ha mai abbassati, ma l’imponente esercitazione 2024B degli scorsi giorni, il cui obiettivo era simulare l’assalto e la presa dei porti e di alcune zone chiave di Taiwan, ha riacceso i riflettori della comunità internazionale a Oriente. Due giorni fa, un portavoce dell’Ufficio per gli Affari di Taiwan del governo di Pechino ha dichiarato che “non ci impegneremo mai a rinunciare all’uso della forza”, come riportato dalle agenzie di stampa.
Xi Jinping considera Taiwan parte integrante del territorio della Repubblica Popolare Cinese, anche se i comunisti non hanno mai governato l’ex Isola di Formosa. L’obiettivo è la “riunificazione” e Pechino è disposto a tutto per ottenerla. “È una sua esclusiva questione interna, nella quale non sarà tollerata alcuna ingerenza esterna”, ha dichiarato questa settimana il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, il quale ha invitato gli altri Paesi ad aderire al principio dell’unica Cina, riconosciuto anche dagli Stati Uniti. Washington, tuttavia, continua ad armare Taipei.
Gli americani hanno condannato le recenti esercitazioni cinesi nei pressi di Taiwan, definite “irresponsabili, non proporzionali e destabilizzanti” dal portavoce del Pentagono, Patrick Ryder. Nel frattempo, secondo quanto riporta il South China Morning Post, il governo taiwanese ha firmato contratti con gli Stati Uniti per la fornitura droni “suicidi”. Si tratta di una delle conseguenze del conflitto in Ucraina, che ha ridefinito i paradigmi della guerra moderna. Il valore dei contratti si aggira sui 163 milioni di dollari e comprendono quasi 700 droni Switchable e quasi 300 droni anti-carro Altius, secondo quanto riporta Askanews. La consegna è prevista tra il 2027 e il 2029.