Negli ultimi tredici anni, dal 2011 al 2023, 550.000 giovani italiani di età compresa tra i 18 e i 34 anni hanno lasciato il Paese per cercare opportunità all’estero. Il saldo netto, tenendo conto dei rientri, è di 377.000 persone. Questo dato emerge dal rapporto “I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero”, realizzato dalla Fondazione Nord Est e presentato al Cnel. Secondo le stime, il valore del capitale umano perso corrisponde a 134 miliardi di euro, cifra che potrebbe triplicare se si considerassero alcune sottovalutazioni nei dati ufficiali.
L’Italia si trova all’ultimo posto in Europa per capacità di attrarre giovani, accogliendo solo il 6% di europei, contro il 34% della Svizzera e il 32% della Spagna. Il rapporto evidenzia che, per ogni giovane che arriva in Italia, otto lasciano il Paese, in particolare dal Nord Italia. La metà dei giovani emigrati è laureata e un terzo diplomata. La migrazione, avviata con la crisi economica, ha ripreso forza dopo la pandemia, confermando che il fenomeno non è legato solo alla disoccupazione, ma anche alla qualità del lavoro. Secondo Luca Paolazzi, direttore scientifico della Fondazione, chi è emigrato non ha intenzione di tornare: un terzo degli espatriati prevede di rimanere all’estero, mentre un altro terzo dei giovani rimasti in Italia è pronto a partire.
Le motivazioni che spingono i giovani a lasciare il Paese sono legate principalmente alle migliori opportunità lavorative (25%), di studio (19,2%) e alla ricerca di una qualità della vita più elevata (17,1%). Solo il 10% indica il salario come motivo principale dell’espatrio. Il 56% dei giovani emigrati si dichiara soddisfatto del proprio livello di vita, contro il 22% di chi è rimasto in Italia. Inoltre, il 69% degli espatriati vede un futuro felice, a fronte del 45% dei giovani che sono rimasti. Il rapporto sottolinea infine come la mancanza di meritocrazia e l’assenza di un ambiente aperto e internazionale in Italia siano tra le principali cause di fuga.