Le elezioni americane hanno attirato l’interesse di tutto il mondo, compresa Mosca. I timori di interferenze esterne sono cresciuti negli ultimi anni e nella sfida elettorale tra Donald Trump e Kamala Harris la Russia è stata “la minaccia più attiva”. È quanto hanno affermato l’Fbi, la Cybersecurity and Infrastructure Security Agency e l’ODNI (l’Office of the Director of National Intelligence). Secondo queste agenzie statunitensi, i russi si sono resi protagonisti in maniera attiva di operazioni di disinformazione, puntando sopratutto ai cosiddetti sette Swing States, cioè quegli Stati come Pennsylvania e Wisconsin fondamentali per conquistare la Casa Bianca.
Tra le potenziali ricadute di queste campagne di interferenza c’è l’incitamento “alla violenza, anche contro funzionari elettorali”, un rischio che già persiste dai toni esasperati e divisivi di alcune parti dell’elettorato, soprattutto tra i supporter di Trump. Nel frattempo, la discesa in campo di Elon Musk a fianco di Donald Trump nella fase finale della campagna elettorale ha assicurato al candidato repubblicano una notevole potenza di fuoco mediatica. Tuttavia, la piattaforma X, di proprietà di Musk, è finita sotto accusa.
Il Center for Countering Digital Hate (CCDH) ha dichiarato, infatti, che dei 283 post fuorvianti sulle elezioni, alcuni contenenti anche informazioni false, il 74% (cioè 209 post) non mostravano note accurate (le famose Community Notes) agli utenti. Lo scopo delle note è di correggere inesattezze o palesi falsità di alcuni post. Ebbene, questi 209 post hanno “accumulato 2,2 miliardi di visualizzazioni” ha affermato CCDH. Intanto, Meta ha deciso di estendere il divieto di pubblicazione di annunci politici su Facebook e Instagram anche a qualche giorno dopo le elezioni.