Negli ultimi tempi, l’Italia sta affrontando un preoccupante aumento del numero di aziende in difficoltà economica, con oltre 118.000 imprese esposte al rischio di usura. Questo dato, fornito dall’Ufficio studi della CGIA (Associazione Artigiani e Piccole Imprese) di Mestre, evidenzia un incremento di più di 2.600 unità rispetto all’anno precedente, interrompendo una tendenza al ribasso che durava da un decennio. Questa situazione evidenzia la difficoltà del sistema bancario nell’offrire sostegno al tessuto imprenditoriale italiano. Il rischio usura cresce, soprattutto tra le piccole imprese escluse dai canali di credito tradizionali, mettendo in pericolo la stabilità economica e sociale del Paese.
Le categorie più colpite sono artigiani, commercianti e piccoli imprenditori che, a causa dell’insolvenza, sono stati segnalati alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. È importante sottolineare che chi finisce nella “black list” non sempre lo deve a una cattiva gestione finanziaria della propria azienda. Nella maggior parte dei casi, infatti, questa situazione si verifica a seguito dell’impossibilità da parte di molti piccoli imprenditori di riscuotere con regolarità i pagamenti dai propri committenti o per essere coinvolti indirettamente in fallimenti che hanno interessato i loro clienti.
A livello provinciale, le grandi città registrano i numeri più alti di aziende insolventi: Roma guida con 10.827, seguita da Milano (6.834), Napoli (6.003), Torino (4.605) e Firenze (2.433). Tuttavia, gli incrementi percentuali più significativi si riscontrano in province come Benevento (+17,3%), Chieti (+13,9%), Savona (+12,4%), Rieti (+11,8%) e Lecce (+11,4%). Il Mezzogiorno si conferma l’area più fragile, con 39.538 aziende in difficoltà, pari al 33,6% del totale nazionale.
Le cause di questa situazione sono molteplici. Gli effetti della crisi del debito sovrano tra il 2012 e il 2013, le restrizioni normative imposte dalla Banca Centrale Europea alle banche per limitare la proliferazione dei crediti deteriorati e, in parte, anche il calo della domanda di credito hanno contribuito a questa caduta. Dal 2011 ad oggi, i prestiti erogati alle imprese sono diminuiti da 1.017 miliardi di euro a 667 miliardi, segnando una perdita di 350 miliardi (-34,4%). Pertanto, non è da escludere che la chiusura dei rubinetti del credito abbia contribuito a “spingere” involontariamente molti lavoratori autonomi e piccoli imprenditori a corto di liquidità verso le organizzazioni malavitose.