La precarietà è di casa in Medio Oriente quando si parla di pace, ma qualcosa si sta muovendo. Israele, infatti, avrebbe accettato in linea di principio un accordo di tregua in Libano, sostenuto dagli Stati Uniti. È quanto riportato in questi giorni dal quotidiano israeliano Haaretz, che cita fonti informate. Si tratta di un piccolo passo dal momento che non c’è ancora un’approvazione definitiva, eppure è qualcosa di significativo. L’accordo in questione farebbe riferimento alla risoluzione Onu 1701, quella che pose fine alla guerra tra Tel Aviv e Beirut nel 2006. Come spesso accade in questi casi, si tratterebbe di un processo in diverse fasi: la prima è far tacere le armi, poi Hezbollah dovrebbe ritirarsi dall’area di confine (come già previsto dalla risoluzione 1701) e contestualmente le forze di difesa israeliane dovrebbero ritirarsi del sud del Libano. Questi sono i passaggi fondamentali per poter dare avvio ai negoziati sul confine.
Questa volta, tuttavia, Washington vuole inserire nell’accordo un meccanismo, guidato dagli Usa, per evitare che i miliziani di Hezbollah tornino a popolare la zona nord. Nelle ultime settimane, infatti, si sono moltiplicate le critiche alle forze Unifil per essere state incapaci di impedire che in più di un decennio Hezbollah costruisse tunnel molto vicini alle Forze di interposizioni delle Nazioni Unite. Secondo la CNN, comunque, ci sarebbero ancora diversi dettagli da discutere. Nel frattempo, l’Iran è tornato a chiedere la testa di Benjamin Netanyahu. Secondo i media iraniani ripresi dalle agenzie internazionali, la guida suprema del Paese, Ali Khamenei, ha detto che non basta il mandato d’arresto contro il premier israeliano emesso dalla Corte penali internazionale, deve essere emessa una “sentenza di esecuzione”. Khamenei ha assicurato che “il nemico [Tel Aviv] non ha vinto a Gaza e in Libano, e non vincerà”.