“Sono rimasti solo due leader nel mondo: io e Vladimir Putin”: il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è tornato al centro dell’attenzione mondiale dopo la caduta degli Assad, la cui famiglia ha governato la Siria per 50 anni. Secondo quanto riportato dal sito di tg La7, Erdogan ha tenuto un discorso a Gaziantep, una città turca vicino al confine siriano: “Io ho completato 22 anni di mandato – ha sottolineato il presidente turco – Putin è vicino a questo traguardo. Tutti gli altri sono stati eliminati”.
A poco più di un anno dalla cesura segnata dagli eventi del 7 ottobre, con l’aggressione di Hamas contro Israele, è nato un nuovo Medio Oriente. Una zona di mondo che rimane comunque soggetta alle sfere di influenza di attori esterni. L’indebolimento di Hezbollah in Libano ad opera delle truppe israeliane e l’enorme impegno russo nella guerra d’aggressione contro l’Ucraina hanno indebolito anche Bashar al Assad. Tredici anni di guerra civile in Siria, scoppiata dopo le Primavere Arabe del 2011, sono finite in meno di due settimane: tanto è bastato ai ribelli islamici per conquistare prima Aleppo e infine la capitale Damasco. Non pervenuto il supporto dell’aviazione russa al regime siriano, mentre Teheran è stato preso in contro piede.
“Questa è una vittoria per la nazione islamica” ha proclamato Abu Muhammad al Jolani, leader di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), il gruppo jihadista protagonista della fulminea avanzata e che ora assicura moderazione per le minoranze e per i civili. Spari in aria e clacson hanno accolto al Jolani come liberatore. I prigionieri, che in alcuni casi giacevano nelle carceri di Assad da decenni, sono stati liberati, parecchi sfollati in Libano sono già in coda per tornare alle loro case in Siria. Bashar al Assad, intanto, ha chiesto e ottenuto asilo politico in Russia, dove è fuggito con tutta la sua famiglia.
Oltre un decennio di guerra civile è costata alla Siria circa mezzo milione di morti, ma nonostante le sconfitte degli scorsi anni, i ribelli di Hts non hanno mai perso l’appoggio della Turchia. Secondo quanto riferito da alcune fonti a Reuters, circa sei mesi fa i ribelli hanno comunicato ad Ankara i piani di una grande offensiva, ottenendo un tacito assenso. Ora si apre una nuova fase caratterizzata da una forte incertezza. C’è chi auspica una transizione verso una simil-democrazia, ma un fattore appare evidente: Erdogan può mettere sotto pressione le milizie curde legate al Pkk e trattare sul futuro della Siria da una posizione di forza, anche perché il presidente eletto Donald Trump ha già scritto su X che gli Stati Uniti “non devono rimanere coinvolti” nell’affarie siriano. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, intervistato da La Stampa, ha dichiarato che ora “aumenta il potere [di Erdogan] di aprire e chiudere i rubinetti verso la Ue”, ammettendo che non bisogna escludere l’ipotesi di una nuova ondata di profughi verso l’Unione Europea.