Il debito pubblico italiano segna un nuovo record a ottobre, ultimo dato disponibile, avvicinandosi pericolosamente alla soglia dei 3.000 miliardi di euro. Al ritmo attuale, questa cifra potrebbe essere stata già superata a novembre, con la fine dell’anno che porterà ulteriori sfide, soprattutto a causa dell’uscita completa della BCE dal ruolo di compratore di titoli di Stato. Nonostante ciò, lo spread resta sotto controllo, mantenendosi al di sotto dei 120 punti base.
Secondo i dati diffusi da Bankitalia, a ottobre il debito è aumentato di 19,9 miliardi di euro rispetto a settembre, raggiungendo i 2.981,3 miliardi. Tale incremento è quasi interamente attribuibile all’amministrazione statale, con un contributo marginale da parte degli enti locali. Le misure di contenimento, come le dismissioni di quote societarie da parte del MEF e l’aumento delle entrate del 5,7% nei primi dieci mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, hanno inciso poco: il fabbisogno cumulato sui 12 mesi precedenti, secondo i grafici della Banca d’Italia, si attesta ai livelli massimi dall’annus horribilis 2021.
Questi numeri si sommano all’aumento previsto del rapporto debito/PIL, che secondo il Piano strutturale di bilancio inizierà a scendere solo a partire dal 2027. Nel frattempo, la fine dei reinvestimenti della BCE complicherà ulteriormente il quadro: dopo aver interrotto il programma APP nel 2023, questa settimana terminano anche i reinvestimenti del programma pandemico PEPP.
Si tratta di una congiuntura complessa, in cui il costo del debito continuerà a crescere per un certo periodo, nonostante i tagli dei tassi di interesse da parte della BCE. Lo spread italiano, tuttavia, tiene: oggi è in lieve rialzo a quota 115 punti base. Secondo gli addetti ai lavori, un fattore determinante è la stabilità politica del governo italiano, che, nonostante tutto, continua a pagare lo spread più alto dell’area euro. Anche la quota di debito detenuta da investitori esteri è in aumento, passando dal 29,8% di agosto al 30,3% di settembre.
A influenzare il quadro potrebbe intervenire la politica monetaria. La presidente della BCE Christine Lagarde ha dichiarato che “ci aspettiamo di abbassare i tassi di interesse ulteriormente”. Gli analisti prevedono un calo al 2% entro giugno, un punto percentuale in meno rispetto al 3% attuale. Erik Nielsen, chief economics advisor di Unicredit, ha delineato un quadro preoccupante per l’economia mondiale in caso di un ritorno di Trump alla presidenza degli Stati Uniti, che potrebbe accelerare ulteriormente i tagli della BCE nel 2025, portando i tassi verso l’1,5% o persino al di sotto. In tale scenario, lo spread italiano potrebbe rimanere sotto quota 130 punti base senza che la BCE sia costretta a riattivare il suo “scudo” anti-spread.
Gloria Giovanditti