martedì, Gennaio 14, 2025
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    Paradisi fiscali e multinazionali: l’impatto sull’Italia tra tasse e fuga di capitali

    Nel Vecchio Continente esistono numerosi luoghi attrattivi per contributori e imprese in cerca di una tassazione vantaggiosa, come evidenziato dall’ufficio studi della Cgia di Mestre. Sul podio, subito dopo il Principato di Monaco, si trovano il Granducato di Lussemburgo e il Liechtenstein, seguiti dalle Isole del Canale (Jersey e Guernsey) situate tra il Regno Unito e la Francia. Il primo paradiso fiscale “non europeo” si incontra al quinto posto con le Bermuda, territorio britannico d’oltremare nell’Oceano Atlantico.
    Un Paese è considerato paradiso fiscale, secondo la definizione dell’Ocse del 1998, quando i redditi delle imprese sono praticamente esenti da tassazione e non esiste l’obbligo di svolgere attività economiche nel territorio. A ciò si aggiungono criteri come la poca trasparenza del sistema legislativo e amministrativo e l’assenza di meccanismi per lo scambio di informazioni fiscali.

    Nella base di uno studio del World Inequality Lab elaborato dalla Cgia, circa 8.000 italiani hanno trasferito la propria residenza a Montecarlo, dove l’assenza di imposte su redditi e immobili trasforma il Principato in un “el dorado” per imprenditori, sportivi e celebrità dello spettacolo. Una situazione simile si registra in Lussemburgo, che ospita sei banche italiane, circa cinquanta fondi di investimento e istituti assicurativi o multinazionali legati alla Penisola.

    Ogni anno, la fuga di super ricchi verso l’estero comporta una stimata di circa 10 miliardi di euro per l’erario italiano. A questa cifra si sommano i mancati introiti dovuti alle strategie fiscali di multinazionali e grandi gruppi industriali che si rifugiano nei paradisi fiscali.
    Le multinazionali del web offrono un esempio significativo della discrepanza tra fatturato e tasse versate. Nel 2022, secondo un’analisi di Mediobanca, le società italiane controllate dai 25 giganti della rete hanno pagato solo 206 milioni di euro di imposte, nonostante un fatturato complessivo pari a 9,3 miliardi.

    Dal 2022 anche l’Italia applica la Global Minimum Tax (Gmt), un’imposta minima del 15% per le aziende con un fatturato annuo superiore a 750 milioni di dollari. L’accordo, sottoscritto da oltre 130 Paesi nel 2021, mira a contrastare le politiche fiscali favorevoli che attraggono imprese in fuga dai rispettivi Paesi d’origine. Al momento della sua introduzione, in Europa solo Ungheria e Bulgaria prevedevano aliquote sotto la soglia minima, rispettivamente al 9% e al 10%, mentre Irlanda e Cipro si trovavano poco sopra.
    A un anno dall’adozione, la Gmt ha avuto un impatto sul contenuto in Italia. Secondo il servizio Bilancio di Montecitorio, il gettito previsto per il 2023 non supera i 381,3 milioni di euro, con un incremento progressivo nei prossimi anni che dovrebbe raggiungere quasi 500 milioni di euro nel 2033.

    L’applicazione della Gmt varia nei diversi Paesi dell’Unione Europea. Nel 2024, 19 Stati membri, tra cui l’Italia, hanno adottato la tassazione minima, mentre Spagna e Polonia si sono aggiunte nel 2025. Estonia, Lettonia, Lituania e Malta hanno rinviato l’adozione al 2030, mentre Cipro e Portogallo rischiano una procedura di infrazione da parte della Commissione europea. Questa disparità consente ai grandi gruppi privati ​​di continuare a operare in Stati con tassazione favorevole.

    In Italia, le multinazionali esercitano un’influenza significativa sul sistema economico. Dei 17,6 milioni di lavoratori presenti nel Paese, circa 3,5 milioni sono impiegati in grandi aziende italiane o estere, pari al 20% del totale. Quasi la metà del fatturato complessivo del sistema produttivo, pari a 1.975 miliardi di euro su 4.322 totali, è generata da questi i
    A livello territoriale, la Lombardia si distingue per il maggior numero di dipendenti nelle grandi aziende (27%), seguita da Piemonte, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna. Guardando al fatturato, oltre il 66% delle imprese private nel Lazio è rappresentato da multinazionali, seguite da Lombardia, Liguria e Friuli-Venezia Giulia, con valori compresi tra il 49% e il 52%.

    Gloria Giovanditti

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