mercoledì, Gennaio 22, 2025
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    Fabbisogno occupazionale nel quinquennio: il ricambio generazionale che non avviene per carenza di candidati

    Nonostante le numerose crisi aziendali nel Paese stiano mettendo a rischio quasi 120mila posti di lavoro, entro i prossimi tre mesi le imprese italiane hanno dichiarato all’Unioncamere-Ministero del Lavoro l’intenzione di assumere 1,37 milioni di lavoratori, di cui circa 380mila a tempo indeterminato. Tuttavia, esiste il rischio di non poter procedere alle assunzioni in un caso su due, a causa della carenza di candidati o dell’impreparazione di chi si presenta ai colloqui. Di conseguenza, le imprese non riuscirebbero a coprire almeno 190mila posizioni lavorative, nemmeno offrendo un posto fisso. Questo allarme è stato lanciato dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre (Venezia).

    Il numero di giovani attivi nel mercato del lavoro è in costante diminuzione, un fenomeno che interessa molti paesi occidentali, ma che in Italia assume proporzioni decisamente più critiche. La scarsità di giovani e il conseguente invecchiamento della popolazione produrranno nei prossimi anni numerose difficoltà, anche per il sistema economico e produttivo. Secondo l’associazione, questi squilibri non sembrano al momento affrontabili con strumenti adeguati in tempi ragionevoli.

    Il fabbisogno occupazionale delle imprese pubbliche e private italiane nel prossimo quinquennio dovrebbe raggiungere circa 3,6 milioni di lavoratori. Di questi, circa l’83%, ovvero quasi 3 milioni di persone, sarà necessario per sostituire chi uscirà dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età. Tra il 2017 e l’inizio del 2025, la percentuale di imprenditori che hanno dichiarato difficoltà nel reperire personale è più che raddoppiata, passando dal 21,5% al 49,4%.

    L’Umbria è la regione più colpita da questa crisi, con il 55,7% degli imprenditori che segnalano difficoltà di reperimento, seguita dalle Marche (55,6%), dal Friuli Venezia Giulia e dal Veneto (entrambi al 55,1%). Degli 1,37 milioni di nuovi assunti previsti nei primi tre mesi del 2025, oltre 414.300 saranno nel Nordovest, seguiti dal Sud (362.400), dal Nordest (315.350) e dal Centro (281.100). Il Nordest dovrebbe essere l’area geografica con la maggiore difficoltà di reperimento del personale, pari al 54,3%, seguita dal Centro (49,1%), dal Nordovest (48,8%) e dal Mezzogiorno (46,1%). Le categorie professionali che risultano più difficili da trovare sono i dirigenti nel 68,2% dei casi e gli operai specializzati nel 66,9%. Ad eccezione di Benevento e Chieti, in tutte le province del Mezzogiorno nel primo trimestre del 2025 è previsto un aumento delle assunzioni rispetto alle previsioni dello stesso periodo del 2024. Nel resto d’Italia, invece, per 45 province del Nord e del Centro si registrerà una contrazione. La situazione più positiva è attesa a Siracusa con un +29,8% (+1.770 assunzioni), seguita da Foggia con il +25,9% (+2.070), Matera con il +23,6% (+670), Vibo Valentia con il +20,1% (+350) e Messina con il +19,1% (+1.700).

    Nonostante il depotenziamento previsto per il 2025, la decontribuzione relativa alle assunzioni nella Zona Economica Speciale (ZES) unica per il Mezzogiorno e l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresentano due fattori chiave che giustificano l’eccellente performance occupazionale attesa al Sud. Sebbene le ore di Cassa Integrazione Guadagni autorizzate siano in aumento, in valore assoluto il numero dei lavoratori dipendenti italiani con un posto fisso ha raggiunto a novembre un record storico di 16.264.000 addetti.

    Al contrario, i lavoratori a termine sono in calo: nello stesso mese si attestavano attorno a 2.652.000, un livello simile a quello di novembre 2020. Questo è un risultato significativo, ma va analizzato con attenzione. In Italia, il livello retributivo medio è inferiore rispetto a quello riconosciuto nei paesi concorrenti. Anche chi beneficia di un posto fisso potrebbe trovarsi in difficoltà economiche a causa di uno stipendio basso, finendo coinvolto nelle nuove forme di povertà sempre più diffuse, in particolare nelle grandi aree urbane. Questo fenomeno, che fino a un decennio fa era meno marcato, oggi rappresenta una preoccupazione crescente.

    Gloria Giovanditti

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