Nel 2023, l’economia italiana ha registrato un incremento del Prodotto Interno Lordo (PIL) e dell’occupazione, con dinamiche differenziate tra le varie aree del Paese. Secondo i dati diffusi dall’Istituto Nazionale di Statistica, il PIL in volume è aumentato dell’1,5% nel Mezzogiorno, dello 0,7% nel Nord-ovest, dello 0,4% nel Nord-est e dello 0,3% nel Centro, con una media nazionale dello 0,7%. Contestualmente, l’occupazione è cresciuta dell’1,9% a livello nazionale, con un picco del 2,6% nel Mezzogiorno, trainato dall’espansione nel settore dei servizi e, in misura minore, dell’industria. Nel Nord-est e nel Nord-ovest, invece, la crescita occupazionale è stata più contenuta, rispettivamente dell’1,5% e dell’1,2%, con una contrazione nel comparto dell’agricoltura.
L’analisi territoriale mette in evidenza il persistente divario economico tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno. Il reddito disponibile delle famiglie nel Mezzogiorno si è attestato a 17,1mila euro annui per abitante, il valore più basso del Paese, con una differenza superiore al 30% rispetto ai 25mila euro annui del Centro-Nord. Anche il PIL pro capite segue la stessa tendenza: il Nord-ovest rimane l’area con il valore più alto (44,7mila euro annui), mentre il Mezzogiorno registra una media di 24mila euro annui. Tuttavia, l’incremento del PIL nel Sud del Paese nel 2023 è stato più marcato rispetto ad altre aree, segnalando una possibile tendenza alla riduzione del gap economico.
Nel dettaglio settoriale, il Mezzogiorno ha visto un aumento significativo dell’occupazione nei servizi (+2,8%) e nell’industria (+3,5%), mentre l’agricoltura ha registrato solo una crescita marginale (+0,4%). Il Nord-est ha mostrato dinamiche simili, con incrementi nei settori industriale e terziario, mentre l’occupazione nel settore agricolo è diminuita del 4,9%. Nel Centro, invece, il comparto delle costruzioni è stato il principale motore dell’occupazione (+4%), seguito dai servizi. In questo contesto, la crescita più sostenuta dell’occupazione e del PIL nel Mezzogiorno potrebbe essere interpretata come un segnale positivo per il riequilibrio territoriale dell’economia italiana, sebbene permangano differenze strutturali significative tra le diverse aree del Paese.