Niente entrata nella Nato, niente forze americane a garantire la pace, nessuna restituzione dei territori occupati: i negoziati per la fine della guerra in Ucraina dovrebbero iniziare a breve, ma l’amministrazione Trump sembra pendere a favore delle ragioni dell’aggressore, piuttosto che per quelle dell’aggredito. Il presidente americano ha parlato un’ora e mezza al telefono con Vladimir Putin e sembra che i due leader abbiano concordato su un fatto: i negoziati devono partire subito. Eppure, le premesse per Kiev non sono rosee.
Il segretario statunitense alla Difesa, Pete Hegseth, ha escluso che l’Ucraina possa aderire all’Alleanza Atlantica e ha definito “irrealistico” l’obiettivo di riportare i confini dell’Ucraina a quelli pre-2014, prima dell’invasione russa della Crimea. Hegseth ha anche dichiarato che nessun soldato statunitense verrà schierato in Ucraina per garantire la stabilità dei confini, una volta trovato l’accordo. L’idea è quella di una forza di peacekeeping non Nato, composta da truppe europee e asiatiche, Cina compresa. Magari sotto l’egida dell’Onu. L’esatto contrario di ciò che aveva chiesto Zelensky pochi giorni fa, quando il presidente ucraino aveva chiarito che “le garanzie di sicurezza senza l’America non sono vere garanzie di sicurezza”.
La posizione di Hegseth è stata esplicitamente avallata dallo stesso Trump che, parlando coi giornalisti, ha definito “improbabile” che Kiev riesca a riottenere i territori del 2014. “Hanno preso molta terra, e hanno pagato per quella terra – ha dichiarato il presidente Usa – e molte persone pensano che sia improbabile [una riconquista]”. Trump, tuttavia, ha ammesso che nel corso dei negoziati è possibile che una parte del territorio occupato dalla Russia possa essere restituito a Kiev.
