Il governo è al lavoro per affrontare il caro bollette, con il Ministero dell’Economia e quello dell’Ambiente impegnati da giorni nella definizione di un nuovo decreto. Tra le principali misure allo studio, si punta a eliminare il divario tra il prezzo del gas sul mercato europeo e quello italiano, oltre ad ampliare la platea dei beneficiari del bonus sociale. Tuttavia, i tempi non si prospettano brevi, soprattutto dopo che l’ipotesi di un provvedimento da presentare nel prossimo Consiglio dei ministri del 18 febbraio è stata accantonata.
Due ostacoli principali rallentano il percorso dell’esecutivo: il rispetto delle norme europee sugli aiuti di Stato e la difficoltà di reperire le risorse necessarie per finanziare le misure. Solo l’allargamento del bonus sociale, come già avvenuto in passato, comporterebbe un costo di circa 1,5 miliardi di euro. Per questo motivo, il Ministero dell’Economia mantiene un approccio prudente, valutando con attenzione ogni opzione, proprio come sta facendo con l’ipotesi di una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali, fortemente voluta dalla Lega.
Sul tavolo dei ministri Giorgetti e Pichetto ci sono diverse ipotesi. Una delle soluzioni in esame riguarda l’eliminazione della differenza tra il prezzo del gas sul mercato europeo, misurato dall’indice Ttf della Borsa di Amsterdam, e quello sul mercato italiano all’ingrosso, rappresentato dall’indice Psv, dove il costo può risultare anche di 2 euro a megawattora superiore. Questa misura potrebbe ridurre immediatamente il costo delle bollette, comprese quelle dell’elettricità, il cui prezzo è legato all’andamento del gas. Secondo il ministro dell’Ambiente, il sistema di calcolo del prezzo dell’energia in Europa, che in passato era adeguato anche per l’Italia, oggi non rispecchia più la realtà, a causa di differenze strutturali tra i vari Paesi che influenzano anche la competitività delle imprese italiane.
Un’altra possibilità è il rafforzamento dell’energy release, ossia la concessione di elettricità a prezzi calmierati alle aziende energivore che investono in nuove fonti rinnovabili, insieme alla compensazione della tassazione europea Ets sulle emissioni di CO2 a carico dei produttori di energia. Quest’ultimo punto, particolarmente delicato, richiede un confronto con Bruxelles per evitare di violare le stringenti normative sugli aiuti di Stato. Tra le altre ipotesi vi è un nuovo intervento sugli oneri di sistema, ma la mancanza di coperture finanziarie rende questa opzione complessa da attuare.
Sul fronte del sostegno alle famiglie, il principale problema resta la ricerca delle risorse necessarie. Estendere il bonus sociale ai nuclei con un Isee fino a 15.000 euro, rispetto agli attuali 9.530, comporterebbe un esborso di circa 1,5 miliardi di euro per lo Stato. Un precedente simile risale al 2022, quando il governo Draghi adottò questa strategia per contrastare la crisi energetica aggravata dalla guerra in Ucraina. Dalla maggioranza, Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, ribadisce la necessità di misure concrete per imprese e famiglie, sottolineando l’importanza di accelerare sul nucleare, semplificare la burocrazia e investire nelle rinnovabili, puntando su solare, eolico e idroelettrico. Dall’opposizione, invece, arrivano critiche: Ilaria Fontana, vicecapogruppo del M5S alla Camera, accusa il governo di essere inadeguato di fronte all’emergenza energetica, sostenendo che invece di adottare soluzioni concrete e lungimiranti, propone misure obsolete, senza affrontare il problema principale, ossia la necessità di una transizione energetica equa e accessibile per cittadini e imprese.
Gloria Giovanditti