Mancano ormai pochi giorni per adeguarsi alla disposizione introdotta dalla Legge di Bilancio 2024, che impone alle imprese l’obbligo di stipulare una polizza contro le calamità naturali. Inizialmente prevista per il 31 dicembre 2024, la scadenza è stata prorogata al 31 marzo 2025 grazie al decreto Milleproroghe. Questa misura riguarda tutte le imprese con sede legale in Italia, con un’organizzazione stabile sul territorio nazionale o iscritte al Registro delle Imprese, che dovranno assicurarsi contro i danni provocati da eventi come terremoti, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni, proteggendo beni immobili, macchinari e impianti.
Alcune categorie di aziende sono tuttavia escluse da questo obbligo. Tra queste figurano le imprese agricole e quelle che possiedono immobili soggetti ad abuso edilizio. Al contrario, l’obbligo si estende anche alle imprese individuali e alle società di persone. Per quanto riguarda il settore della pesca e dell’acquacoltura, l’obbligo è stato posticipato al 31 dicembre.
Nonostante la normativa non preveda sanzioni per chi non si adegua, le imprese che scelgono di non sottoscrivere una polizza rischiano di perdere eventuali indennizzi in caso di calamità. Inoltre, la mancanza di copertura potrebbe rappresentare un ostacolo all’accesso al credito, poiché le banche potrebbero considerare troppo rischiosa la posizione delle aziende prive di assicurazione.
Le polizze prevedono limiti di indennizzo variabili in base alla somma assicurata. Per coperture fino a 1 milione di euro, il risarcimento può arrivare fino all’intero importo. Nella fascia tra 1 e 30 milioni di euro, il limite di indennizzo non può essere inferiore al 70% della somma assicurata. Oltre i 30 milioni di euro o per le grandi imprese, il valore dei massimali viene definito attraverso la negoziazione tra le parti.
Secondo le stime di Sace, l’ente che fornisce servizi assicurativi e finanziari per le imprese, l’obbligo di sottoscrizione riguarda circa 3 milioni di aziende. L’amministratrice delegata Alessandra Ricci ha sottolineato l’importanza di accelerare il processo per favorire un sistema mutualistico che porti benefici anche allo Stato. Inoltre, il governo ha stanziato un plafond di 5 miliardi di euro per la riassicurazione da parte di Sace, una somma considerata più che adeguata per coprire il triennio 2024-2026. Nel 2024 il fondo non è stato utilizzato, mentre per il 2025 sarà attivo dal secondo trimestre. Ricci ha anche evidenziato come la stipula di una polizza non sia un’operazione particolarmente complessa o onerosa e possa portare vantaggi, come minori costi di finanziamento bancario e rimborsi rapidi in caso di calamità. A titolo di esempio, ha citato due farmacie in Emilia Romagna che hanno ricevuto l’indennizzo nel giro di due settimane.
La Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (Cna) ha espresso forti perplessità, ritenendo che il termine del 31 marzo sia impraticabile. La Cna ha chiesto l’apertura urgente di un tavolo di confronto con il governo, evidenziando la mancanza del decreto attuativo e il rischio che quasi 4 milioni di imprese si trovino con meno di un mese per sottoscrivere le polizze.
La richiesta di proroga è stata motivata da elementi di incertezza e lacune nella normativa. Un esempio concreto riguarda le imprese dell’Isola d’Elba, che hanno subito danni a causa del maltempo ma non avrebbero ricevuto alcun indennizzo, poiché la pioggia non è inclusa tra i fenomeni coperti dalle polizze obbligatorie. Inoltre, manca ancora un portale ufficiale a cura dell’Ivass per confrontare le offerte e consentire alle imprese di scegliere con piena consapevolezza. La Cna insiste sulla necessità di definire un sistema di polizze che garantisca coperture adeguate e costi sostenibili, nel rispetto del principio di mutualità.
Gloria Giovanditti