CALZIFICIO BONETTI GIORDANO: QUANDO L’ECCELLENZA È PIÙ FORTE DELLA CRISI
Oggi abbiamo incontrato Mauro Bonetti – imprenditore del comparto tessile – al Calzificio Bonetti Giordano di Botticino (BS), per conoscere da vicino come le difficoltà della pandemia e del settore energetico stiano influenzando un settore a forte vocazione export. Ma dove il made in Italy la fa da padrone, seppur con tutte le difficoltà del momento, l’eccellenza tende a soppiantare il resto.
Sig. Bonetti, come nasce il vostro calzificio?
La nostra realtà è a forte vocazione familiare. L’azienda è stata fondata da mio nonno nel 1949 ed è stata portata avanti dal mio papà e dalla mia mamma, che ancora oggi sono un punto di riferimento fondamentale del nostro calzificio. L’azienda è partita con calzetteria da uomo – dalla produzione al confezionamento – e ora si è sviluppata in tutti i settori, anche donna e bambino, utilizzando i migliori filati esistenti sul mercato e le più grandi tecnologie esistenti. In un secondo momento ci siamo occupati anche di guanti, sciarpe e maglieria, sempre guardando alla qualità del prodotto, partendo dalle migliori materie prime: dal cotone biologico, ai materiali antibatterici, alle mescole al carbonio e acciaio inox. Questo ci ha consentito di svilupparci nel settore della moda, grazie a importanticollaborazioni con i più grandi brands a livello mondiale. Oggi esportiamo i nostri prodotti sostanzialmente in tutto il mondo, negli Stati Uniti, in Canada, Australia e ovviamente in Europa.
Come sta cambiando il lavoro oggi?
Lavoriamo per oltre l’85% con il mercato estero visto che molti produttori tessili italiani sono stati vittima della crisi, e hanno dovuto chiudere o rivolgersi a mercati esteri per ridurre i costi. Il mercato del nostro Paese è purtroppo divenuto insostenibile. Alla crisi abbiamo cercato di rispondere, ma senza far venir meno l’alta qualità che da sempre ci contraddistingue. Le difficoltà riguardano prevalentemente l’approvvigionamento delle materie prime, che sono in costante aumento, addirittura giornaliero: solo il cotone è cresciuto per oltre il 60%, e i fornitori esteri se ne approfittano parecchio della situazione.
Prima la pandemia, poi i rincari energetici. Come state affrontando queste crisi?
La pandemia ha influito parecchio. Come tutti i produttori abbiamo dovuto chiudere per circa due mesi e questo ha inciso principalmente sul fatturato. Non tanto per la nostra produzione durante la chiusura, ma più per il fatto che con i vari lockdown la mentalità e le abitudini delle persone sono cambiate parecchio. La gente non è più uscita, non ha più comprato, o si è dirottata principalmente sui centri commerciali dove può trovare prezzi più competitivi ma a fronte di una qualità nettamente inferiore. E questo discorso vale anche per i rincari dell’energia: con bollette più salate i consumatori non si possono più permettere i prodotti di un tempo. Anche i nostri brands clienti hanno dovuto affrontare la crisi, chiudendo boutique e negozi, ma fortunatamente gli ordini non sono mai venuti meno, seppur siano stati ridimensionati.
Per affrontare il tema energetico stiamo valutando l’installazione di pannelli fotovoltaici sui nostri capannoni, beneficiando anche degli incentivi regionali, al fine di ottimizzare la produzione e quindi non aumentare eccessivamente i prezzi. Produrre energia pulita ci permetterà di arrivare ad una svolta green, un tema oggi molto sentito. Se riuscissimo a produrre energia pulita e immettere poi il surplus sul mercato per aiutare anche gli altri, sarebbe una vittoria per tutti. E questa è l’unica alternativa per rispondere al problema, perché il costo delle materie prime non dipende da noi e la qualità non possiamo e non vogliamo abbassarla, perché andrebbe contro al nostro credo e alla nostra storia. Fortunatamente grazie al rapporto con Confartigianato nella mediazione dei contratti in questione, riusciamo a risparmiare qualche migliaia di euro nell’approvvigionamento dell’energia, il che ci ha permesso di non farci carico eccessivamente del peso degli aumenti delle bollette.
Grazie
Andrea Valsecchi