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    Ucraina: l’inizio dei negoziati

    Ucraina: l’inizio dei negoziati
    Il problema delle guerra lampo, come l’Ucraina insegna, è che la guerra la si fa sempre in due. E se l’altro dimostra poco spirito collaborativo, il lampo può trasformarsi in un lento mattatoio. È quello che stiamo osservando in queste ore. Alcune considerazioni sulle ragioni del rallentamento:
    1. L’Ucraina non è la Siria, Kiev non è Damasco e l’esercito Ucraino non è l’Isis. Questa catena di banalità implica che non si possa fare semplicemente terra bruciata. Non nel cuore dell’Europa, non con la gente che ti riprende mentre bombardi le strutture dei civili. Questo fa sì che chiunque basasse le proprie speranze sul terrore scatenato da bombardamenti a tappeto si sbagliasse di grosso. Non puoi fare il deserto e chiamarlo denazificazione.
    2. L’esercito di Kiev non è la riedizione occidentale di quello Afghano. E pure qua chiunque abbia fornito l’intelligence a Putin ha sbagliato tutto. I militari non si sono arresi senza combattere, i civili non hanno subito inerti e nessuno ha accolto i Russi come liberatori. Nemmeno i Russi dell’Est che non sono affatto insorti, come ha dimostrato l’invasione lampo di Kharkiv ieri mattina, respinta nel giro di due ore.
    3. Zelensky non è il Beppe Grillo Ucraino. È però un ottimo comunicatore, che la guerra la sta facendo nelle trincee di Twitter, raccogliendo un enorme supporto internazionale. Dove ha annichilito la propaganda Russa. La comunicazione va così, per ogni campagna accuratamente architettata che lascia dietro numerose quinte colonne, si pensi a quella Russa in Italia, c’è un Presidente come Zelensky che va in trincea con un fotografo e ti fa saltare tutto.
    Questo ha portato, in questi giorni, all’apertura dei negoziati. L’esito dei quali viene previsto con parole quasi profetiche dal ministro degli esteri Kuleba: “Non c’è niente di male nel parlare e se il risultato è la pace sarà la benvenuta. Ma non ci arrenderemo, non capitoleremo, non cederemo neanche un centimetro del nostro territorio. Non è questo l’obiettivo della nostra lotta”. Questo è probabilmente il punto di caduta: Mosca torna indietro e paga i danni. Ovviamente Putin non lo può accettare e tenterà ancora per qualche settimana di forzare una resa. Ma, dopo quattro giorni di scontri, non paiono esserci le condizioni di base.
    L’Ucraina ha retto bene all’assalto iniziale, ha rallentato l’invasione, sta dimostrando voglia di battersi. Ora la palla è in campo Russo: sapranno dimostrare di avere le risorse, il cinismo e la voglia di vincere necessari a piegare Kiev? Lo scopriremo a breve. E dalla risposta dipenderà il risultato dei negoziati.
    Luca Rampazzo

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