È vero, questa emergenza ci ha trovato impreparati, anche se per ora il sistema sanitario sta reggendo. Le misure adottate cambiano velocemente ma manca ancora un fattore essenziale: una piena consapevolezza di ciò che è necessario fare individualmente. E questo riguarda soprattutto i giovani. Ancora oggi in molte parti d’Italia si lascia campo libero alla movida del weekend, ai momenti di svago come l’aperitivo e in generale all’assembramento di ragazzi. Ma ora non si può più andare avanti così: se nelle scorse settimane non era ben chiara l’entità del contagio, ora la situazione è abbastanza preoccupante, motivo per cui tutti i medici interpellati stanno chiedendo semplicemente di chiudere tutti i luoghi della movida.
Un obiettivo difficile da raggiungere perché una delle insidie del coronavirus è il basso tasso di mortalità per le persone giovani. È facile dunque pensare di non essere poi così in pericolo: anche se si contraesse il virus, è probabile che il ricovero e il recupero vadano a buon fine. Ma gli esperti hanno chiaramente sottolineato che questo atteggiamento rischia di avere alcune ricadute gravissime e immediate. Anzitutto il sovraccarico del sistema sanitario, con gli ospedali che già oggi straripano di ricoverati e sono obbligati a scegliere chi curare e chi no, come succede su un campo di battaglia. La seconda è che un atteggiamento noncurante da parte dei più giovani impedisce di realizzare l’obiettivo principale, cioè mettere un freno alla diffusione del covid-19. Infine, il pericolo più immediato è che i ragazzi in questo modo rischiano di contagiare i loro nonni, i quali sono molto più a rischio soprattutto se affetti da pregressi problemi immunitari o da altre patologie come il diabete.
E ormai non è più una questione che riguarda solo la Lombardia: «locali e punti di aggregazione devono essere chiusi anche in quelle regioni non ancora pervase a fondo dal virus» ha dichiarato in un’intervista a Repubblica Massimo Galli, virologo dell’ospedale Sacco di Milano e in prima linea fin dall’inizio nella lotta al virus. La comunicazione politica fatta da Roma non ha aiutato: se l’obiettivo principale è quello di ridurre al minimo i contatti tra le persone e quindi i loro spostamenti, la diffusione del decreto legge doveva essere preceduta da un chiaro piano per gestire i tentativi di uscire dalla Lombardia. E invece abbiamo assistito all’assalto al treno per fuggire al sud. Bisogna mettere in campo tutte le risorse e le misure disponibili: dalla telemedicina alle tecnologie più avanzate per seguire a domicilio le persone, fino alla chiusura dei locali. E bisogna anche prepararsi all’eventualità di requisire qualche albergo per istituire ulteriori zone di isolamento. Tutte misure dolorose, necessarie ma inutili se anzitutto non cominciamo a cambiare i comportamenti e le abitudini individuali.
Simone Fausti