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    La Gran Bretagna sanziona Abramovich e altri sei oligarchi russi

    La Gran Bretagna sanziona Abramovich e altri sei oligarchi russi
    Alla fine la scure delle sanzioni è calata anche su Roman Abramovich. Ieri il governo della Gran Bretagna ha deciso di avviare un pacchetto di sanzioni contro una serie di oligarchi russi tra cui il patron del Chelsea la cui fortuna è stimata in più di 9 miliardi di sterline. Downing Street ha congelato i beni di Abramovich ma ha previsto una licenza speciale che permetterà al Chelsea di continuare le attività anche se per il momento è stata bloccata la vendita del club così come la vendita dei biglietti delle partite e del merchandising. Il governo guidato da Boris Johnson ha imposto anche un divieto di viaggio.
    Provvedimenti simili sono stati presi anche per altri sei oligarchi ritenuti vicino al Cremlino come Oleg Deripaska il quale ha partecipazioni in En+ Group, Igor Sechin, a capo della Rosneft, Andrey Kostin, presidente della banca di VTB, Alexei Miller, CEO di Gazprom, Nikolai Tokarev, presidente della compagnia statale Transneft e Dmitri Lebedev il quale presiede il board dei direttori della banca Rossiya. In totale si tratta di uomini con una ricchezza netta di circa 15 miliardi di sterline che ora devono fare i conti con il congelamento dei loro asset in Gran Bretagna. Quella di Downing Street è un’iniziativa che fa parte del tentativo di isolare Putin e il suo cerchio ristretto e che si aggiunge alle oltre 200 tra personalità ed entità russe che il Regno Unito ha già colpito con sanzioni.
    La Gran Bretagna forse è quella che si sta muovendo più velocemente e con più aggressività nel tagliare la rete di oligarchi legati al Cremlino, in una sorta di legge del contrappasso che ha visto le terre inglesi tra i preferiti luoghi di approdo dei miliardari russi nei decenni precedenti. Lo stesso Boris Johnson ha affermato che “non ci possono essere rifugi per chi ha supportato il feroce attacco di Putin all’Ucraina”. L’isolamento economico e commerciale di Mosca comincia a spaventare anche il Cremlino. Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha ammesso, infatti, che “per quanto riguarda l’inflazione, ora c’è un impatto esterno piuttosto scioccante sulla nostra economia” anche se assicura che le conseguenze negative “saranno ridotte al minimo”.

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