Guerra in Ucraina: timidi tentativi di accordo?
Mentre le principali città ucraine continuano a subire l’azione dei bombardamenti russi e il numero di vittime e profughi civili aumenta senza sosta, proseguono i tavoli negoziali tra i due Paesi per trovare un accordo che ponga fine alle ostilità. Secondo il Financial Times Mosca e Kiev hanno fatto importanti progressi su una bozza di piano di pace di 15 punti, incluso un cessate il fuoco e un ritiro russo se Kiev dichiarerà la sua neutralità e accetterà limiti alle forze armate: il quotidiano cita tre fonti impegnate nei negoziati.
Dopo 21 giorni di guerra sembrano delinearsi alcuni elementi per un possibile cessate il fuoco; Mosca comunica che alcuni punti stanno per essere concordati, pur se le trattative continuano ad essere molto complicate. Neutralità dell’Ucraina e garanzie di sicurezza sono i temi di un possibile accordo, secondo fonti russe. Kiev non smentisce, ma non vuole cedere a una neutralità demilitarizzata, sul modello di Austria e Svezia, pena la costante minaccia di invasioni future da parte della Russia.
Non è molto, ma è già qualcosa.
Nel frattempo, le forze armate russe proseguono verso la conquista delle città principali dell’Ucraina. La lentezza con cui si muovono sembra essere più una tattica russa di logoramento di una popolazione allo stremo, più che una difficoltà a procedere più celermente.
I bombardamenti su Kiev, Kharkiv, Odessa e Mariupol si sono intensificati durante la notte di ieri, provocando ancora morte tra i civili, bambini compresi, e distruzione di interi quartieri.
Fonti ucraine accusano i russi di aver preso di mira oltre 400 scuole.
Sul fronte della propaganda Putin continua con dichiarazioni minacciose, come “l’operazione speciale in Ucraina sarà completata” e “non permetteremo che l’Ucraina sia una minaccia”.
Putin ha anche aggiunto che la Russia era pronta ed è tuttora pronta a discutere la smilitarizzazione e la “denazificazione” dell’Ucraina.
Centrale nel messaggio del leader russo la preoccupazione che l’Ucraina non rimanga una sorta di base strategica dell’Occidente, cioè una minaccia costante alle ambizioni egemoniche della Russia sui territori che rivendica di sua influenza.
Ulteriori dichiarazioni di Putin si scagliano contro l’Occidente, definito “Impero di menzogne” impegnato a distruggere la Russia, ma sembrano soprattutto slogan di propaganda rivolta al popolo russo che non è così evidentemente schierato all’unanimità con il proprio leader. Una sorta di replica al clamoroso gesto di lunedì della giornalista apparsa sul canale principale della tv russa con un manifesto che metteva in guardia dalla falsa propaganda di Putin. Per la cronaca, la giornalista in questione, Marina Ovsyannikova, è stata arrestata e poi rilasciata dopo che è girata la notizia di una sua possibile nomination al prossimo Nobel per la pace.
Ancora, il leader russo ha equiparato le sanzioni economiche ad atti ostili di vera e propria aggressione, rispetto alle quali non mancheranno ripercussioni. Di fatto, le ripercussioni le stiamo già subendo, visto il rincaro del costo energetico che sta mettendo in ginocchio l’intera Europa.
Sul versante ucraino, Zelensky insiste nella volontà di resistere all’invasione, ma gli appelli per ottenere dalla Nato aerei da guerra e un maggior coinvolgimento attivo nelle azioni belliche sembrano restare (probabilmente per fortuna) inascoltati. Il rischio di escalation è troppo elevato.
Mentre da tre settimane, dunque, la guerra sta sempre più trasformandosi in una enorme tragedia di popoli e città, la determinazione russa e la volontà di non innescare una guerra mondiale da parte dell’Occidente, stanno segnando le sorti ucraine, rispetto alle quali oggi il minore dei mali sembrerebbe essere la concessione delle richieste russe unitamente a garanzie che Putin deve poter mettere come contropartita.
Non serve ottimismo o pessimismo in queste ore, ma molto realismo e la ricerca di una rapida soluzione, perché la gente continua inesorabilmente a morire.
Pietro Broccanello